18. Vittoria Colonna a Paolo III

PARTE SECONDA

STORIA E CRONACA

SEZIONE PRIMA

DOCUMENTI E TESTIMONIANZE ESTRANEE ALL’ORDINE
(1526-1632)

II

EPISTOLARIO «CAPPUCCINO» DI VITTORIA COLONNA
(1535 – 1542)

18. VITTORIA COLONNA A PAOLO III

TESTI E NOTE

a cura di

CONSTANZO CARGNONI

I FRATI CAPPUCCINI. Documenti e Testimonianze del Primo Secolo. A cura di COSTANZO CARGNONI. Roma 1982, II, 199-208.

Introduzione

Vittoria Colonna, come ha dimostrato con buone ragioni E. d’Alençon, scrisse questa «informazione» prima di andare a Napoli dove, il 29 febbraio 1536, fu presente alle nozze tra Alessandro de Medici e Margherita d’Austria.

Questa lettera è stata immediatamente utilizzata dai cappuccini per difendersi contro gli avversari, fino al punto che ha perso la sua fisionomia di lettera per diventare una specie di memoriale. Colonna vuol informare il papa della «verità» e con logica serrata scioglie, una dopo l’altra, le obiezioni contro la riforma cappuccina. Sono pensieri lungamente meditati, confrontati e maturati, probabilmente, in seguito a una serie di colloqui e scambi di idee con Bernardino Ochino e, forse, anche con Bernardino d’Asti, al quale si è voluto attribuire, erroneamente, come ha fatto il Boverio, questo scritto apologetico, forse perché contiene alcune riflessioni analoghe a quelle presenti nel Memoriale che egli scrisse qualche mese dopo, e sembra all’inizio di settembre, a un cardinale della commissione creata da Paolo III per risolvere le controversie fra osservanti e cappuccini. Questa commissione si sa che concluse il suo lavoro il 15 dicembre 1536.

V. Colonna sottolinea come la riforma cappuccina sia cresciuta in «fervore numero et ordine», dopo dieci anni di vita. E questo un «miracolo», ma c’è chi ancora non crede. Infatti gli osservanti non hanno mai digerito che i cappuccini siano divenuti cosí presto autonomi. E un principio di obbedienza che i cappuccini respingono perché hanno scelto di stare sotto la giurisdizione dei conventuali che li lasciano vivere in pace. Del resto un’obbedienza che limitasse la «austera vita e vera observanzia» della Regola, sarebbe contro le intenzioni di san Francesco.

È subito una polemica che diventa una dura contrapposizione della «vera austerità, povertà e umil vita» dei cappuccini alle «tante pompe, sontuose fabriche, canti figurati e superfluità» degli osservanti. Non ci deve essere «ambizione» di governo, ma solo «fervente spirito». I cappuccini vivono, dice la marchesa, «come li primi compagni di san Francesco» e sono la riforma «piú perfetta e la piú simile al suo principio», la «sola luce nelle nostre tenebre». Per questo il papa, i cardinali, i principi e il card. protettore devono «aiutarli e favorirli».

Oltre il tema dell’obbedienza, Colonna inserisce l’argomento dell’abito cappuccino, contestando le obiezioni che volevano che l’abito di san Francesco non avesse una sua forma ben specifica, come vuole la Regola, o non lo si potesse verificare in «reliquie, siggilli e pitture», argomento, questo, sul quale i cappuccini ritorneranno successivamente per lungo tempo in studi apologetici dimostrativi.

Ad ogni modo – taglia corto — i cappuccini sono approvati dalla bolla di Clemente VII, possiedono documenti sicuri, anche di Paolo III. È sempre un linguaggio apologetico condotto con una logica che sembra suggerita da qualche frate. Anche i riferimenti, in terza persona; a Paolo IlI fan pensare ad una lettera o a un memoriale diretto a qualche cardinale o alla stessa commissione, piuttosto che solo al papa.

Fonte: AGO, PC 8 (4): contiene due apografi del testo, della stessa mano, senza data; ediz.: P. Cuthbert, I Cappuccini. Un contributo alla storia della controriforma, trad. dall’inglese, Faenza 1930, 509-516; E. d’Alençon, Tribulationes, 27-31. Abbiamo rivisto sugli apografi tutto il testo, segnalando alcune curiosità di lettura.

18. Vittoria Colonna a Paolo III

Informazioni de la verità, anzi una stilla sola appo l’infinito pelago del vero[1]

[1536, fine genn. -inizio febbraio]

(Beatissime pater][2]

2007 Diece anni sono che se comenzò questa sancta congregazione per vivere austeramente nella propria Regola de san Francesco; e sempre cum tutta la possibile repugnanzia umana, causata da alcuni che han preso a destrugerla, è cressuta in fervore, numero e ordine, sí che se vede el chiarissimo miracolo, né se nega, né se pò negare, e van cercando se è facto in sabbato.[3]

[Obbedienza e disobbedienza dei cappuccini]

2008 La religione ditta de la Observanzia non nega el reverendo generale e piú gli altri frati, nei propri brevi da loro expediti, che hanno necessità de reformarse, e che lo voglilono fare; e ha molto tempo che durano queste dilazioni e promesse.[4]

Or queste due proposizioni: de la optima vita e observanzia de questi reformati, e la necessità hanno quelli de reformarsi, son cosí chiare, palpabili e certe, che solo quelli non le vedono che non lo vogl[i]ono veder.[5]

Or como è possibile, dunque, che se parli de meter questi, per longo spacio esperimentati in sí rigorosa vita, a la obedienza de quelli, che essi medesimi confessano che non la possono fare? El pastore deve in lume, virtú, spiritu e sanctità excedere le sue peccorelle, andarli con lo exempio nanti e condurle sempre a Dio piú vicine.[6] Dunque omni pecorella di questi seria, in merito, in perfezione de vita e in streteza de regola, superiore ai soi pastori; e tante fatighe che diece anni,[7] con tanta grazia de Dio conservate, serian subito perdute, e la obedienzia, ordinata per observare la Regola, seria casion de alargarla.

E per dirlo piú chiaro, dico cosí: la Regola non è facta per la obedienzia, ma la obedienzia per la Regola; però se caminano per la via de Dio, con maxima observanzia de la Regola, con obedire lo optimo pontefice Paulo, non so che nove obedienzie bisognino; ultra che[8] recognoscono el generale de san Francesco de’ conventuali, non perché sia meglio de l’altro, ma perché li lassa ne la loro observanzia e pace, non li perseque, non se li monstra inimico, non calumnia el ben Fare, non va informando el mondo contra di loro. E perché dicto generale de conventuali recognosce el generale de li observanti, questi vengono ad esserli subiecti mediate, sed non immediate;[9] sí che està el pensiero de costoro non esserli subiecti, ma in conservar loro austera vita e vera observanzia, como per experienzia se è visto che questa sola se conserva, che non è in lor mano, e tute le altre principiate da loro se sonno alargate.[10] Ed essi medesimi dicono che trenta milia frati e non piú che sono, è quasi impossibile reformarli.[11] Dunche non so perché tanto gli encresce[12] de questi pochi, che chiaramente monstrano posserlo fare. El cercare questo primato con tanta anxietà, precipitazione, è offesa de Dio, etiam loro infamia, e un dare ad intendere che non fanno per zelo,[13] ma perché perdeno el credito e le elemosine, vedendosi che questa vita vera de san Francesco se pò fare ad ogni tempo.

2009 El ministro, san Francesco ora lo chiama ministro, ora custode.[14] La perfezion de la serafica ed evangelica Regola non consiste in sillabe o dizione, ma importa bene che siano in verità ministri, e che, ad exempio de Cristo, ministrent spiritum et vitam.[15] E cosí faciendo stare questi ad altra obedienzia, quale se vede essere piú larga, farria el ministro el contrario del officio suo, perché li mitigaria el spiritu e le toglileria la radice de la vera Regola.

El dire: «Volemo recognoscano el generale, ma che non se gli impedisca la vita loro»; dunche questa seria vera ambizione e perfidia, e non servizio de Dio, metendoli in periculo, dubio e fastidio senza cambiare altro che apparenzia. E perché anderiano primo per le selve, como son andati e como san Francesco profetiza,[16] che comportarlo. In questo non dirò altro.

[Invito alla riforma]

2010 Reformensi quelli, attendano, mo che Cristo esta al deserto, considerarlo lí e non impedire quelli che lo vanno imitando; pensino che la quaresma viene, che deveno attendere che sí gran religione umilmente[17] pasca el cristiano grege. Comensino, non dico a lassare cose de’ quali non se deve parlare, perché non è capucino che non metesse la vita per onor de la religione, ma dico le cose chiare contra la Regola; metansi un poco[18] nella vera austerità, povertà e umil vita, como san Francesco comanda; lasseno tante pompe, sumptuosse fabriche, canti figurati e superfluità.

Vedasse un poco de fervente spiritu fra questi che li governano, sia[no] veri pastori, intreno per la porta de la carità, non per la fenestra de la ambizione; sean vero frati; guideno ben le anime che li son date in cura; non voglian credere che non si possa quel che se vede si pò e quel [che] fece con piú austerità san Francesco e quaranta anni poi.[19] Facian per opera cognoscere che li mena zelo optimo, e como seran reformati e li monstrarano bona voluntà, li obedirano, anzi el minor omo del mundo, perché vivan como loro; tanto piú che questi hanno optima, sincerissima, sancta, evangelica obedienzia e mirabile ordine como ogni omo pò vedere.

E mandino pur commissari per li lochi, e li troverano como li primi compagni de san Francesco e la Regola in summa observanzia. E quando quelli e loro conventi serano tali, alora potran dire: Fiat unum ovile et unus pastor,[20] e il ministro sancto alora [potrà dire] quel che precede al Evangelio: Ego sum pastor bonus,[21] ché, stando le cose cosí, con lo ovile differente, non pò essere un solo ministro.

E però san Francesco vole che la sua Regola se observe, e questa è la importancia. E sempre che se è tropa allargata, ha mandato nove reforme. E perché questa è la piú perfecta e la piú simile al suo principio, e trova el mondo piú deteriorato, però ha piú repugnanzia e piú dificultà de tute le altre, sí che veramente repugna a ogni cristianità el tanto molestarli, che pare tuti quelli militano. Siano sancti e in pacifica observanzia de la Regola, e ad questi soli se faccia tanta e sí continua guerra.

2011 Immo sono obligati sua sanctità, li reverendissimi cardinali, tuti principi e piú il loro protectore aiutarli e favorerli, como sola luce nelle nostre tenebre, e como quelli che soli in sí licenzioso seculo observano la evangelica e divina doctrina de Cristo e de san Francesco; tanto piú che tuti quelli che lassano li respecti umani e le complacenzie terrene, e miran solo Dio, vedeno la sua grazia in costoro e le contrarietà nascere da pensieri né recti né sinceri.

Venuti ad tanto inganno che non curano calumniare il glorioso sancto, con dire che non fe’ abito, ma pigliò un panno, como se nella Regola non si distinguesse l’abito, o non se ne vedesero conservati per reliquie e sigilli e picture, e mile modi. Ma perché l’abito non fa la bona vita, lassarò stare queste impertinenzie, ma solo pregarò Dio che li inspire ad reformarse, a ciò che poi possino parlare con qualche fundamento.

Ultra che senza le tante rasione in fructo, ce ssono ancor de quelle che usano loro, cioè che hanno la bolla de Clemente, brevi, approbazion delli pontifici, e supra tutta la cognizione del optimo papa Paulo, che cardinale li defese, e però credo Dio lo sublimò, e mo pontifice ama la verità; ma va con tanti respecti che prevagl[i]ano contro lo intento sancto suo quelli che oppugnano, e per esserci cardinali che la pigliano a denti, e l’un mal volentieri contradice a l’altro in consistorio e a la presenzia de molti cardinali, che sono apena auditi, non che intesi. Ma Dio inspirarà li boni ad sí chiara intelligenzia.

[Circa la proibizione di entrare nella riforma)

2012 Or veniamo al proibire che non vengano quei frati ad questa reforma, perché se causa scandalo. Dunche, lassi ogni uno de far ben, perché causa scandalo ad chi non lo fa. Non si comporte piú che li figlioli lassino li patri ed intreno in religione, perché a le loro case causa scandalo. Non se sofra piú che da le religion de san Benedeto, de san Dominico e le altre vadino ad quella de san Francesco, perché ad quelli altri causa scandalo. Guastensi le lege tutte, non se consideri le parole de Paulo e de tanti[22] sancti, che se deve tendere a la perfeczione ed eligere la vita piú secura, e che la Regola de san Francesco è tale, imo de Cristo, che bisognarebe conversare con li angeli per pienamente observarla; e costoro vogliono impedire lo andare a la perfezione, non recordandose che cum sancto sanctus eris[23] etc.

Anzi è offizio de boni togliere tuti li impedimenti al sancto vivere di questa reforma, la qualle edifica e non dà scandalo alli veri observanti. Anzi è certo che a la piú parte de la religione dispiace questa proibizione, legami, brevi e streteza. E solo dà molestia ad octo o dieci persone che governano, quali vogliono che per autorità se li creda. E se vede chiaro el poco motivo che fa la costor vita[24] in quelli che in tre mesi, ormai che sta la porta aperta, non ce sono venuti venti.

2013 Non sono oggi sí ferventi li spiriti che questa austerità piacia ad molti; sí che in chiuderla se fa grandissimo deservizio a Dio, perché si chiude la meglior vita a 3000 anime, quali tutti debeno credere[25] che possano venire; e de quanti, per essere impediti, nol sanno, se ha de dar conto a Dio; e in lasciarla aperta, oltra che se evade tanto periculo de offendere la divina voluntà e si observe ogni bona lege e costume, se vede che non se fa damno alcuno perché qui se acceptano con tutte le cautele e considerazione del mondo, como vostra sanctità per alcune lettere ha visto[26] che non son vere le falsità che gli appongano.

Lasarò stare che li observanti si separrorono da’ conventuali e non ebbero tanta repugnanzia, e fo optimamente dacto; che ha molto anni che tuti seriano stati conventuali, ché fra il molto fango non pò stare bianca la neve.

Lasarò stare che non se deve ragionevolmente proibire. Lasarò stare le cose umane cerca la informazione data ad sua maiestà[27] e molti altri, quali poi se admirano con intendere il vero. Lasarò stare che costoro umilmente non ardiscono dire la verità, e quelli sí audacemente e non veramente gli oppugnano. Lasarò stare che questi non demandano nienti, se non che se laseno in la pace de Cristo e che viva la evangelica libertà de recevere e observare: Qui venit ad me non eiciam foras.[28] E quelli demandano proibizioni, legami, impedimenti e scomuniche, che par proprio contenda la lege de Moysè con la grazia de Cristo,[29] la carità con la ambizione, e la umiltà con la grandeza.

E veramente non me dole de questi che pono ben dire: Quis me separabit a charitate. Christi?[30] Ma me dole de quelli che in tanta luce son cechi, e che tante volte abiano auta invidia a quelli che servireno Cristo in terra; e ogni dí diciamo: «Fortunati pastori, beati Magi, felice ab Arimathia, gloriosa Magdalena e Marta!»; e poi abiamo le cose di Cristo in terra chiare e vive, e la observanzia de la sua evangelica vita, e le perseguitano. E se vede questa povera congregazione ogni giorno abassare la testa e umilmente dire: Cur me caedis?[31] Per amor de Dio, non se metano tante nube intorno che adombreno la vera luce a la sancta bontà del pontifice, ché questo seria piú presto pena a chi lo ama e piú scandalo ad tuta la cristianità che cosa potesse succedere.

2014 Oymé! Como non tremeno quelli che le son contrari? Como pono mai dormire, che non temano la iustizia de Dio? Como el verme de la conscienzia non li rode tanto che ormai desistano? Che merito rendeno a Dio de le grazie che li fa? O che conto gli darano che per loro non è restato de guastar un’opera de reformare migliaria de persone, sapendo che per un’anima sola Cristo tornaria in terra de novo!

Io non so che move questa cosa, si non tentazione. Tanti frati incogniti, tante religione infructuosse, che non se sa che nome abiano, tanti de san loanne, tanti de san Francesco, che ogni dí escono de la Observanzia per farsi seculari preti, confessori, abbati, episcopi e cardinali, e nisciuna cosa offende, nisciuno dà scandalo e nisciuno importa, si non questa perché è la meglio de tute. Sempre le cose de Cristo e de soi servi han dato admirazione, conturbato gli respecti umani; e d’esso medesimo dice: Non veni mittere pacem.[32] Dunche, se deve lasare la austera, optima vita, divina reforma, per non causare scandalo a dieci persone che governano?

O cum[33] quanta certeza poteria monstrare che questo impugnare non è con la volontà de la religione de la Observantia; e quanti monasteri fan fede che staban e de l’altra se dogliano che non stano. Anzi, del proibire nasce infinito scandalo. Provino per un anno lasare la porta apperta, poi [che] tante volte han provato el contrario, e vede-ranno che mai del bene nasce scandalo. Anzi ne nascerà vera riforma in quella, e optima confirmazione in questa e se parlarà allora con piú proposito.

Certo non se pò admetere adesso nisciuna lor ragione; e dicono non ponno castigare li frati perché se ne saltano i qui.[34] Donche mai l’altre religione han possuto castigare li frati loro, perché ponno andarsene ad san Francesco, che è la piú streta. O volesse Dio che movesse zelo de castigare e reformare, che atenderiano ad altro che a ruinar li reformati!

2015 Dio per sua bontà conservi la bona voluntà ai boni e la conceda a quelli che non l’hanno. Le cose del mundo sempre in prima facie apparent bona,[35] ma non restano al martello. Cosí le vision delectano in principio, piú le false che le vere. Però, per amor de Dio, non se ne stian a relazione; gustino, intendano, pensino questa verità, che son certa l’intrarà nel core.

E perché, intendo, dicono addesso una nova cosa, cioè che son tuti reformati e che han ben visto e non han bisogno, e che se penteno de averlo ditto ne i brevi; e il general ad me e in mille lochi; dico che Dio il faccia, e che dico son tuti sancti etc.

Io che ho vera noticia de tuti i loro monasteri del Regno e de Campagnia,[36] ne son chiara, e tutti el sanno se han bisogno de reforma. Ma sía como lor dicono, non negarano o, per dir meglio, non ponno negare che la vita de capuccini non sia piú austera, piú stretta, ed è tale che chi non ha occhio nol vede, sí che questo basta a negar la obedienzia per le ragion sopra dicte, e a far tocar con mano che è maximo errore dirlo e cosí chiuder la porta al venir a la piú stretta vita.[37]

[La Marchesa de Pescara]

  1. È un titolo altisonante posto dai frati che hanno moltiplicato e divulgato questo scritto.
  2. Se la lettera, come sembra, era rivolta a Paolo III, questa doveva essere la formula introduttiva.
  3. Come i farisei di fronte ai miracoli di Cristo. Cf. Gv 5,16; 9,16.
  4. Vedi E. d’Alençon, Gian Pietro Carafa vescovo di Chieti (Paolo IV) e la riforma dell’Ordine dei Minori dell’Osservanza, in MF 13 (1911) 33-48, 81-92. 112-121, 131-144. Diverse lettere e documenti qui pubblicati dimostrano la realtà di questa osservazione di Vittoria Colonna.
  5. Nei due apografi dell’AGO si notano lievi differenze. In uno si legge: « son cosí chiare… non lo voglion veder»; nell’altro invece: «son cose chiare… non le voglion veder».
  6. Cf. Gv 10,4.
  7. Questo ripetuto accenno cronologico è uno dei motivi per datare all’inizio del 1536 questa lettera.
  8. Altra copia dice: «non so che nove obedientie se sonno, ultra che…».
  9. Secondo la bolla di concordia Omnipotens Deus del 12 giugno 1517, il maestro generale dei conventuali doveva essere confermato dal ministro generale di tutto l’Ordine. I cappuccini invece, per la bolla Religionis zelus (3 luglio 1528) erano sottoposti alla visita e correzione del maestro dei conventuali nelle province dove si trovavano.
  10. È una schematizzazione storica polemica, che però possiede un fondo di verità, come si può notare nella storia delle riforme francescane in Spagna.
  11. Gli osservanti erano allora il piú potente Ordine religioso esistente nella Chiesa.
  12. In una copia si legge chiaramente: gli, oppure: sli encresce; nell’altra invece si legge: osli entresce. È probabile che il trascrittore abbia malamente compreso il testo originale.
  13. Si legge, cancellato: poy non se ne nisciuno bitiono (= bisogno) = che vorrebbe dire: non c’è nessun bisogno di questo.
  14. Cf. infatti Rb 4,2; 8,2.4.5; Test. 35; Ep. Ord. 2; Reg. Er. 9 (FF nn. 87, 96-97, 128, 215, 137).
  15. Cf. Gv 6,64; frase ripetuta nel Test. 13 e in 2 Cel 163 (FF n. 115 e 747).
  16. Queste profezie sono state sentite molto dai primi cappuccini come ne fan fede le primitive cronache. Si rifanno alla tradizione degli Spirituali e sono legate soprattutto a Frate Leone e a Frate Corrado da Offida. Un accenno si trova nello Spec. perf. 71a (FF n. 1765). Nel cap. 35 della Leggenda antica del Minocchi recentemente studiata dal Marini si parla di questa profezia come di una informazione di Frate Leone a Corrado da Offida. Vi si legge: «Et essi [i demoni] metteranno tanto scandalo intra li frati et lu mundo, che nullo serrà che possa portare l’habito tuo, se non per le selvi […]. Et allora multi fuggerando a li deserti […]. Et sancto Francesco disse: — De que viverando li mey frati, li quali habitarando per le selve? —. Al quale disse Christo: – Io pascerò loro, si como pascii li figlioli de Israel nel deserto de manna — «(cf. S. Minocchi, La Leggenda antica, Firenze 1905, 73). La sostanza di questa profezia si legge anche in Actus 65; Conf. IV, 428, 15, 30 ecc.
  17. Questo avverbio è sfuggito all’edizione di E. d’Alençon.
  18. Nell’apografo è aggiunto: de fervente spiritu, poi cancellato.
  19. Secondo V. Colonna, quindi, influenzata qui dalle idee spiritualistiche dei primi cappuccini, l’Ordine si sarebbe rilassato quarant’anni dopo la morte di san Francesco, ossia al tempo di san Bonaventura. Cf. al riguardo lo studio di Attilio Bartoli Langeli, La figura di Bonaventura da Bagnoregio nei primi cronisti cappuccini, in CF 44 (1974) 331-53.
  20. Gv 10,16.
  21. Gv 10,11.14.
  22. In uno degli apografi si legge: l’altri.
  23. Cf. 2 Re 22,26; Sal 17,26.
  24. In una delle copie è scritto, come correzione marginale: austerità.
  25. E. d’Alençon ha trascritto erroneamente: credeno.
  26. E questà frase che giustifica la destinazione a Paolo III di questa lettera.
  27. Sono le informazioni del Quiñones contro i cappuccini a Carlo V.
  28. Gv 6,37.
  29. Gv 1,17.
  30. Rm 8,35.
  31. Gv 18,23.
  32. Mt 10,34.
  33. Correzione e aggiunta marginale.
  34. Cosí nel duplice esemplare conservato in AGO. E. d’Alençon, piú giustamente, sarebbe propenso a interpretare: in questa.
  35. È un criterio importantissimo di discernimento spirituale.
  36. Cioè del Regno di Napoli e in Campagna nel Lazio, corrispondente all’attuale Ciociaria.
  37. È un problema dibattuto anche a livello giuridico ecclesiastico nel ‘500: cioè, se un religioso possa abbandonare il suo Ordine per un istituto piú austero, per es. i certosini, tanto piú vale allora questo principio nell’ambito di uno stesso Ordine.