1536 Capuchin Constitutions in modern Italian

Le prime costituzioni cappuccine (1536)

With footnote references to scripture and Franciscan sources

ROMA, S. EUFEMIA

Prepared by Costanzo Cargnoni OFM Cap

I Frati Cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo. A cura di Costanzo Cargnoni. Perugia, Edizioni Frate Indovino 1988, Vol. I, 253-464.

Table of Contents

Introduzione di Costanzo Cargnoni

PrologoCh 1Ch 2Ch 3Ch 4Ch 5Ch 6Ch 7Ch 8Ch 9Ch 10Ch 11Ch 12

Introduzione di Costanzo Cargnoni

Le prime Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini furono elaborate e approvate a Roma durante il Capitolo generale, che ebbe luogo nel convento di S. Eufemia sull’Esquilino, presso la basilica di Santa Maria Maggiore, e si svolse in due sessioni, la prima nel novembre 1535, la seconda nel mese di aprile dell’anno seguente.

La redazione definitiva del testo fu affidata a una commissione di frati, di cui, insieme al neo-eletto vicario generale Bernardino d’Asti, facevano parte Giovanni da Fano, Francesco da Jesi e Bernardino Ochino. Ma al di là degli apporti personali dei singoli redattori, fu il Capitolo nel suo insieme a definire e poi a promulgare le Costituzioni. L’elaborazione collegiale del testo emerge espressamente nel prologo: “È parso al nostro Capitolo generale […] di ordinare alcuni statuti”, e si rileva dalle formule spesso ripetute: “Si è ordinato…, si è stabilito…, si è determinato…”.

Le Costituzioni di Roma – S. Eufemia hanno costituito per oltre quattro secoli la carta d’identità della “bella e santa riforma” e hanno caratterizzato storicamente la forte dimensione spirituale interna e la solida e uniforme struttura esterna dell’Ordine. I valori che da esse emergono e che resero la riforma cappuccina una vera fraternità evangelica e francescana sono: la continuità e il rinnovamento del carisma del Poverello d’Assisi; la scelta di una vita umile, povera e austera; i fondamenti per una vera spiritualità tipicamente cristocentrica e serafica, vissuta in fraternità e in attitudine penitenziale; il sereno equilibrio tra una vita dedita alla preghiera e alla contemplazione e le esigenze degli impegni di apostolato e del lavoro manuale; la dedizione eroica agli ammalati e agli appestati e lo slancio missionario universale; il rispetto dei carismi personali suscitati dallo Spirito e l’obbedienza incondizionata alla gerarchia.

A questi valori si affiancano scelte precise, dettate dalla volontà di essere fedeli allo spirito francescano e disponibili al servizio della Chiesa. In questo ambito le Costituzioni sottolineano l’accettazione e l’osservanza del Testamento, il rifiuto dei privilegi che rilassano la Regola, la rinuncia all’esenzione dagli ordinari diocesani, la conferma dell’elezione del Vicario da parte del Ministro generale dei Conventuali, le modalità per deporre il Vicario generale incapace.

Piú che un testo legislativo, composto da prescrizioni minute e normative giuridiche, le Costituzioni del 1535-1536 sono un vero codice di formazione e di spiritualità francescana. Il suo contenuto, rimasto quasi immutato fino al 1968, è stato sostanzialmente ripreso nelle redazioni successive del 1552, 1575, 1608, 1643, 1909 e 1925. A ragione è stato scritto: “Nessun libro scritto da un religioso dell’Ordine, nessun trattato di vita spirituale cappuccina attraverso i secoli si può paragonare alle Costituzioni del 1536, se si propone di presentare gli autentici ideali della fraternità o configurare le intenzioni degli iniziatori della riforma o esprimere i valori che si riscontrano nell’imitazione di Cristo e di Francesco”.

NEL NOME DEL NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO

iniziano

le COSTITUZIONI

dei

FRATI MINORI CAPPUCCINI

Prologo: «Dove non esiste siepe, la proprietà è saccheggiata» (Sir 36, 25)

Poiché il nostro Ordine, come vigna dell’altissimo Figliolo di Dio,[1] potesse conservarsi nella spirituale osservanza dell’evangelica e serafica Regola, è parso necessario al nostro Capitolo generale, celebrato nella gloriosa città di Roma, nel nostro convento di Sant’Eufemia, nell’anno del Signore 1536, dare alcune costituzioni come siepe protettiva della predetta Regola, perché, come la torre inespugnabile di David, abbia cosi i suoi baluardi[2] per la nostra difesa da tutti i nemici del vivo spirito di nostro Signore Gesù Cristo[3] e da tutte le rilassatezze contrarie al ferventissimo e serafico zelo[4] del nostro Padre san Francesco.

Queste sono le Costituzioni.

CAPITOLO PRIMO

1. «La dottrina e la vita del nostro Salvatore Gesù Cristo»

Per prima cosa, riguardo al primo capitolo della Regola, si dichiara che, essendo stata portata a noi dal cielo, dal dolcissimo Figliolo di Dio, la dottrina evangelica, tutta pura, soprannaturale, perfettissima e divina, ed essendo stata da Lui stesso promulgata e insegnata con le opere e con la parola; anzi essendo stata approvata e autenticata dal Padre suo nel fiume Giordano e sul monte Tabor[5] quando disse: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!»,[6] essa sola c’insegna e ci mostra la retta via per andare a Dio e, perciò, tutti gli uomini sono obbligati ad osservarla, particolarmente i cristiani che nel battesimo si sono impegnati a non trasgredirla, e tanto più noi frati, in quanto san Francesco fa espressa menzione dell’osservanza del santo Vangelo all’inizio e alla fine della sua Regola,[7] che, in definitiva, non è altro che midollo del Vangelo.[8]

Anche nel suo Testamento, infatti, disse che gli era stato rivelato di dover conformare la sua vita al santo Vangelo;[9] di conseguenza, affinché i frati abbiano sempre davanti agli occhi della mente la dottrina e la vita del nostro Salvatore Gesù Cristo e perché portino nel profondo del loro cuore il santo Vangelo, sull’esempio della vergine Cecilia, si ordina che, a riverenza dell’altissima Trinità, tre volte l’anno, in ogni convento, si leggano i quattro Evangelisti, cioè un Vangelo ogni mese.

2. La Regola, «piccolo specchio» del Vangelo

Poiché la Regola di san Francesco è come un piccolo specchio nel quale risplende la perfezione evangelica, si ordina che se ne faccia una distinta lettura ogni venerdì, in ciascun convento, col dovuto rispetto e devozione, affinché impressa nelle nostre menti si possa meglio osservare.

Si legga inoltre ai frati qualche testo molto devoto, esortandoli a seguire Cristo crocifisso.

3. Parlare di Dio e non leggere libri vani.

E si sforzino sempre i frati di parlare di Dio: questo giova molto ad infiammare il loro cuore del suo amore.

Inoltre, perché la dottrina evangelica possa fruttificare nei loro cuori e venga estirpata ogni zizzania dalla quale potrebbe essere soffocata,[10] si ordina che non si conservino nei nostri conventi, per nessuna ragione, libri non utili o frivoli, dannosi allo spirito di Cristo,[11] Signore e Dio nostro.

4. Leggere e studiare la Parola di Dio per infiammarsi nel divino Amore

Siccome, poi, le fiamme del divino Amore nascono dal lume delle cose divine, si ordina che si legga qualche testo della Sacra Scrittura, interpretandola con santi e devoti Dottori.

E benché questa infinita divina sapienza sia misteriosa e alta,[12] tuttavia essa si abbassò tanto[13] in Cristo nostro Salvatore, che i semplici e gli incolti possono intenderla,[14] senza altro mezzo, con l’occhio puro[15] e semplice, ingenuo e schietto della fede.[16]

Perciò si vieta a tutti i frati di leggere e studiare scienze sconvenienti e vane; piuttosto studino la Sacra Scrittura, anzi Gesù Cristo santissimo, nel quale, secondo Paolo, sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio.[17]

5. Osservanza spirituale della Regola secondo le dichiarazioni dei Papi e la vita e dottrina di san Francesco

E perché fu volontà non solo del nostro Padre san Francesco, ma anche di Cristo, nostro Redentore, che si osservasse la Regola con semplicità, alla lettera, senza glossa,[18] come già la osservarono quei primi nostri semplici padri; perciò, essendo la nostra Regola chiarissima, per osservarla più puramente, santamente e spiritualmente, rinunciamo ad ogni nota di commento e a qualsiasi esposizione carnale, inutile, nociva e permissiva, che la allontanano dalla pia, giusta e divina volontà di Cristo, nostro Signore, il quale parlava in san Francesco.

E accettiamo per unico, vivo commento alla nostra Regola le dichiarazioni dei Sommi Pontefici e la vita santissima, la dottrina e gli esempi del nostro Padre san Francesco.[19]

6. Si osservi il Testamento del Padre san Francesco

Perché, inoltre, quali veri e legittimi figlioli di Cristo, nostro Padre e Signore, di nuovo generati da Lui in san Francesco, siamo partecipi della sua eredità,[20] si ordina che tutti osservino il Testamento del Padre nostro san Francesco, da lui stesso dettato quando, prossimo alla morte, insignito delle sacre stimmate, pieno di fervore e di Spirito Santo, desiderava ardentemente la nostra salvezza.

Questo accettiamo per spirituale commento ed esposizione della nostra Regola, così come da lui stesso a questo fine fu scritto, affinché si osservasse meglio e cattolicamente la Regola professata.[21]

Anzi, perché noi in tanto siamo figli del serafico Padre in quanto ne imitiamo la vita e la dottrina, siccome il nostro Salvatore disse agli Ebrei: «Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!»,[22] così, se siamo figlioli di san Francesco, facciamo opere degne di san Francesco.

Si esorta, perciò, ogni frate a sforzarsi di imitare questo nostro Padre, che ci è stato dato per guida, norma ed esempio;[23] o meglio, si imiti in lui nostro Signore Gesti Cristo, e non solo nella Regola e nel Testamento, ma anche in tutte le sue ardenti parole e opere sante. Così si leggano spesso la sua vita e quella dei suoi compagni.

7. «Stare all’ultimo posto»

E perché il nostro Padre, tutto divino, contemplava Dio in ogni creatura,[24] soprattutto nell’uomo e principalmente nel cristiano, ma in modo speciale nei sacerdoti e in modo unico nel Sommo Pontefice che è sulla terra Vicario di Cristo nostro Signore e capo di tutta la Chiesa militante, volle, perciò, in conformità agli insegnamenti degli Apostoli, che i suoi frati, per amore di Colui che si annientò per amor nostro,[25] fossero soggetti a Dio in ogni creatura.[26]

Li chiamò, per questo, Frati Minori, perché non solo si considerassero, nel loro cuore, inferiori a tutti, ma anche, invitati nella Chiesa militante alle nozze del suo santissimo sposo, Gesù Cristo, cercassero di stare all’ultimo posto,[27] secondo il suo consiglio e il suo esempio.[28]

8. Rinuncia ad ogni privilegio ed esenzione nella Chiesa

Considerando, intanto, che la libertà che ci deriva dai privilegi e dall’esenzione dell’essere soggetti agli Ordinari, non solo è vicinissima alla superbia, ma è contraria all’umile e francescana minorità e molte volte, perturbando la pace, ha generato scandalo nella Chiesa di Dio; per conformarci, perciò, all’umile Cristo crocifisso, che venne a servirci, fatto obbediente a Dio sino alla dura morte di croce[29] e, pur non essendo soggetto alla legge ma signore di essa, volle sottomettervisi[30] e, quantunque esente, volle pagar la tassa per evitare ogni scandalo,[31] il Capitolo generale rinuncia al privilegio di essere liberi ed esenti dagli Ordinari. Accettiamo come sommo privilegio, insieme col serafico Padre, di essere sottomessi a tutti.[32]

Si dispone, pertanto, che tutti i Vicari, nelle loro Province vadano dai Vescovi delle loro Diocesi e dai Prelati ordinari che sono umilmente sottoposti al Sommo Pontefice Romano, capo e superiore di tutti, e offrano con umiltà, a nome proprio e di tutti i loro frati, obbedienza e riverenza in tutte le cose divine e canoniche, rinunciando ad ogni privilegio che altro potesse consentire.

9. Obbedienza e sottomissione universale

Come fu volontà del nostro Padre,[33] si esorta ogni frate ad avere sempre il dovuto rispetto per tutti i sacerdoti.

Si esortano anche i frati ad obbedire sempre con ogni possibile riverenza al Sommo Pontefice, padre supremo di tutti i cristiani, e a tutti i prelati, anzi ad ogni creatura che ci mostri la via di Dio, nella convinzione che quanto più è insignificante quella persona alla quale si obbedisce per amore del nostro Signore Gesù Cristo, tanto più l’obbedienza è gloriosa e gradita a Dio.[34]

10. Conferma giuridica del Padre Generale dei Conventuali

Ugualmente non solo si ordina che i frati siano sottoposti ai loro vicari, custodi e guardiani, ma si stabilisce che il padre nostro Vicario generale, una volta eletto, si presenti umilmente o mandi qualcuno al reverendo Padre generale dei Conventuali, per essere da lui confermato.

11. Rinuncia ai privilegi che rilassano la Regola.

E perché il nostro Padre san Francesco, per evitare simili privilegi, comanda nel suo Testamento ai suoi frati di non chiedere alla Corte Romana alcuna lettera «per la persecuzione dei loro corpi»,[35] il Capitolo generale rinuncia a tutti quei privilegi che rendano meno rigida la Regola e, allargando la via dello spirito, si conformano alla nostra sensualità.

CAPITOLO SECONDO

12. Discernimento delle vocazioni e loro età

Poiché si desidera che il nostro Ordine cresca molto più in virtù, perfezione e spirito che in numero di frati – si sa, infatti, che, come disse l’infallibile Verità, «molti sono chiamati, ma pochi eletti»[36] e che, come predisse il Padre, in prossimità della morte, niente può così nuocere alla pura osservanza della Regola, quanto la moltitudine dei frati inutili, sensuali e istintivi[37] – si ordina che i Vicari esaminino diligentemente le loro condizioni e qualità e non li ricevano se non mostrano d’avere ottima intenzione e ferventissima volontà.

Per evitare pure ogni meraviglia e scandalo, si proibisce l’accettazione di quelli che non avranno compiuto i sedici anni, oppure, se li passano, conservano ancora l’aspetto di ragazzi, affinché si rendano conto di ciò che promettono.

14. I postulanti prima della vestizione «siano sperimentati»

Si comanda anche che quelli che saranno ammessi a questa vita, prima che abbiano ad indossare il saio, siano sperimentati in qualcuno dei nostri conventi, per diversi giorni, in tutte quelle cose alla cui osservanza sono tenuti i frati, affinché si veda la loro buona volontà ed essi assumano così importante impegno con maggior lume, maturità e deliberazione. Lo stesso s’intende anche per i religiosi che vorranno venire a vivere la nostra vita.

E perché questo principio meglio si osservi, si ordina che i Vicari provinciali non accolgano nessuno senza il consiglio e il consenso della maggior parte dei frati che si troveranno in quel convento.

15. Espropriazione dei novizi

Cristo, sapientissimo maestro,[38] pose come condizione a quel giovane che mostrava desiderio di salvarsi, che, se voleva essere suo discepolo, doveva innanzi tutto vendere quello che aveva e darne il ricavato ai poveri e poi seguirlo.[39] Questo precetto Francesco, imitatore di Cristo,[40] non solo osservò e insegnò con l’esempio suo e di quelli che accoglieva,[41] ma prescrisse anche nella Regola.[42]

Perciò si ordina che, per conformarci a Cristo nostro Signore e alla volontà del serafico Padre, nessuno vesta il saio se, potendolo, non avrà prima distribuito tutti i suoi beni ai poveri, come è conveniente a chi sceglie di sua volontà una vita povera.

In questo suo atto si potrà in parte vedere il suo spirito fervente o tiepido e, d’altra parte, egli potrà servire Dio con mente più quieta e ferma. I frati, poi, non avendo nessuna occasione di ingerirsi nelle sue cose, se ne staranno sinceri nella loro santa pace.

16. Gli abiti secolari dei novizi

Si ordina anche che si conservino fino al giorno della professione gli abiti dei novizi che vengono dalla vita secolare; gli abiti dei religiosi, invece, per alcuni giorni.

Perseverando essi, gli abiti dei secolari siano dati da loro stessi ai poveri, quelli dei religiosi siano dati dai Vicari provinciali direttamente o per mezzo di qualche pia persona.

17. Il padre maestro e la formazione dei novizi

Ad evitare che possa esserci detto ciò che Cristo santissimo disse agli Scribi e ai Farisei: Guai a voi, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito; ma poi, quando l’avete conquistato, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi!,[43] si stabilisce che in ogni Provincia i novizi siano posti in uno o due luoghi adatti alla vita spirituale, su scelta del Capitolo.

Siano dati ad essi dei maestri fra quelli più maturi, morigerati e illuminati della via di Dio. Questi abbiano diligente cura d’insegnar loro non solo le cerimonie, ma le cose dello spirito, necessarie per imitare perfettamente Cristo, nostra luce, via, verità e vita.[44] Gli mostrino con l’esempio e con le parole in che consista la vita del cristiano e del frate minore.

Non si ammetta nessuno alla professione, se prima non sappia perfettamente ciò che deve promettere ed osservare.

18. Silenzio e raccoglimento dei novizi

E affinché, nella quiete, nella pace e nel silenzio, i novizi meglio si fortifichino nello spirito, si prescrive che nessuno si dilunghi a parlare con loro, fatta eccezione per il padre guardiano e il loro maestro.

Non entri nessuno nella loro cella, né essi vadano nella cella di altri, senza speciale permesso.

19. Impegno dei novizi professi

Perché meglio apprendano a portare il giogo del Signore,[45] si comanda che anche dopo la professione stiano sotto la disciplina del maestro almeno per tre anni, così da non perdere facilmente quello spirito da poco acquistato, ma, potentemente rafforzandosi, si vadano sempre più fondando e radicando nell’ amore di Cristo,[46] Signore e Dio nostro.

20. Preparazione alla professione

Siccome, poi, secondo alcuni Dottori, i novizi, quando fanno la loro professione con le dovute condizioni, sono restituiti all’innocenza battesimale, si ordina che detti novizi si preparino con grande diligenza, prima della loro professione, con confessione, comunione e molte preghiere, avendo già fatto la confessione generale al momento del loro ingresso in religione per rivestire l’uomo nuovo.[47]

Nell’ammettere questi novizi tanto allo stato religioso, quanto alla professione, si osservino i modi e le cerimonie in uso e approvate nel nostro Ordine.

21. Austerità del vestire

E perché non senza motivo Cristo comandò di attenersi all’austerità del vestire di san Giovanni Battista, quando disse: Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re!,[48] si è ordinato che i frati, che hanno scelto di essere abietti nella casa di Dio,[49] indossino i più vili, spregevoli, austeri, rozzi e trascurati panni, che facilmente potranno avere nelle province nelle quali si troveranno.

Non dimentichino i frati che i sacchi con i quali san Francesco volle che rappezzassimo i nostri abiti e il cordone col quale volle che ci cingessimo, non si adattano ai ricchi del mondo.[50]

22. Numero dei vestimenti

Il Capitolo generale esorta ancora tutti i frati ad accontentarsi, potendolo, del solo abito, così come si esprime san Francesco nel suo Testamento riferendosi a sé e ai suoi frati, quando dice: «Ed eravamo contenti di una tonaca rappezzata di dentro e di fuori».[51]

Tuttavia, se i frati saranno deboli fisicamente o spiritualmente, si concede loro per la Regola la seconda tonaca.[52] Però non si dà a questi il mantello, senza necessità e senza il permesso del loro superiore, poiché l’uso di tre indumenti da parte del frate sano è segno evidente di mancanza di spirito.[53]

23. Forma e uso dei mantelli, abiti e tonache col cappuccio e cingolo

Affinché la povertà, tanto cara al Figlio di Dio[54] e data a noi per madre dal serafico Padre (LM 7,6), risplenda in ogni cosa che usiamo, si stabilisce che il mantello non vada oltre l’estremità della mano e sia senza cappuccio, eccetto che in viaggio; non si porti, inoltre, senza necessità.

Gli abiti non superino in lunghezza l’articolazione dei piedi, siano larghi undici palmi e dodici per quelli corpulenti.

Le maniche non siano più larghe di quanto è necessario per fare entrare ed uscire il braccio, e siano lunghe fino a metà mano o poco più.

Le tonache siano di pochissimo prezzo e grossolane, larghe 8 o 9 palmi e per lo meno mezzo palmo più corte dell’abito.

II cappuccio sia quadrato, come si può vedere essere stati quelli di san Francesco e dei suoi compagni, che ancora restano come reliquie – lo si vede nelle antiche pitture ed è scritto nel libro delle Conformità –, di modo che l’abito nostro sia in forma di croce,[55] per vederci crocifissi al mondo e il mondo crocifisso a noi.[56]

II cingolo dei frati sia una fune rozza, vilissima e grossa, con nodi semplicissimi, senza nessuna curiosità o singolarità, perché, disprezzati dal mondo, abbiamo occasione di mortificarci di più.

Non portino berretti, né cappelli, né cose doppie o superflue.

24. Stanzetta per i panni della comunità

In ogni nostra casa vi sia una stanzetta dove si conservino i panni della comunità da un frate a ciò incaricato, e da lui si tengano puliti e rattoppati per le necessità dei poveri frati; e questi, dopo averli usati secondo le loro necessità, li restituiranno, puliti, con ringraziamento.

25. Qualità dei letti

Perché i nostri letti siano alquanto simili a quello sul quale morì Colui che disse: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo,[57] e perché si sia anche più vigilanti e solleciti alla preghiera,[58] e conformi al Padre nostro san Francesco, al quale la nuda terra spesso fece da letto,[59] anzi a Cristo, Santo dei Santi, soprattutto nel deserto,[60] si ordina che nessun frate, tranne che non sia malato o molto debole, dorma su altro che non siano nude tavole, stuoia, ginestre, felci e un po’ di paglia o fieno e non sulle schiavine.

26. Nudità dei piedi

Si ordina anche che, ad esempio di Cristo, i frati giovani e quelli che possono farlo, vadano scalzi, in segno di umiltà, testimonianza di povertà, mortificazione di sensualità e buon esempio al prossimo.

Non potendo fare ciò, secondo l’insegnamento evangelico[61] e per imitare i nostri antichi padri, portino i sandali con il permesso del superiore, ma questi siano semplici, di poco prezzo, poveri, senza alcun ornamento.

27. «Non avere in terra nessun affetto»

Affinché i frati ascendano alla vetta della più alta povertà,[62] regina e madre di tutte le virtù (LM 7,1; SCom 1,16), sposa di Cristo nostro Signore (Fior 13) e del serafico Padre (cf 2Cel 55) e nostra dilettissima madre (cf LM 3,10), si esortano tutti i frati a non avere in terra nessun affetto (cf 1Gv 1,15), ma ad avere sempre in cielo il loro amore (cf Fil 3,20; Col 3,1-2), usando quasi per forza queste cose terrene molto parcamente (cf 1Cor 7,31), per quanto è possibile alla debolezza umana, reputandosi ricchi della loro povertà (cf 2Cor 8,9).

Si contentino di un libretto di preghiere, anzi del solo Crocifisso, di due fazzoletti e di due mutande.

Ricordino che, secondo il serafico Padre, il frate minore non dev’essere altro se non uno specchio di ogni virtù, soprattutto della povertà.

28. «Non vi sia nessuna bestia, né si vada a cavallo»

Perché più sollecitamente corriamo lungo la via dei precetti divini,[63] si ordina che nei nostri conventi non vi sia nessuna bestia, né si vada a cavallo. In caso di necessità si vada sopra l’asino, sull’esempio di Cristo[64] e del suo imitatore Francesco,[65] affinché la nostra vita predichi sempre l’umile Cristo.[66]

29. Tonsura e barba

La tonsura si faccia ogni venti giorni, ovvero una volta al mese, con le forbici. Non si tengano bacini, ma un solo rasoio per le ventose.

Si porti la barba, seguendo l’esempio di Cristo santissimo[67] e di tutti i nostri antichi Santi, perché è cosa naturale nell’uomo, rude, sprezzata ed austera.

CAPITOLO TERZO

30. Liturgia secondo la «santa romana Chiesa»

Siccome il nostro serafico Padre, tutto cattolico, apostolico e divino, ebbe sempre speciale riverenza verso la Chiesa romana, come giudice e madre di tutte le altre Chiese,[68] e poiché ha ordinato nella[69] che i chierici dicano l’Ufficio secondo le disposizioni della santa romana Chiesa e ha fatto divieto nel suo Testamento di apportarvi variazioni,[70] si è stabilito che i frati, riuniti spiritualmente sotto un medesimo vessillo[71] e chiamati a uno stesso fine, per quanto è possibile osservino nelle lodi divine, quanto al messale, al breviario e al calendario, gli stessi riti che osserva ed usa la santa romana Chiesa.

Tanto i chierici, quanto i laici recitino i cinque Uffici per i morti seguendo il calendario.

31. Preparare le celebrazioni liturgiche

I chierici e i sacerdoti non molto istruiti vedano in precedenza quello che devono leggere pubblicamente nella Messa e nell’Ufficio divino, perché non turbino gli ascoltatori con discredito delle cose divine, né provochino contro di sé gli angeli santi che sono presenti alle lodi divine.[72]

Sia nelle Messe sia nell’Ufficio divino non si dica altro al di fuori di ciò che sta nel messale e nel breviario, con le debite cerimonie.

32. Si celebri «per pura carità»

Inoltre si esortano i frati sacerdoti a non badare, quando celebrano, al favore o alla gloria umana[73] o ad alcuna cosa temporale, ma pensino soltanto all’onore divino, con cuore semplice, puro e mondo, celebrando per pura carità, con ogni umile riverenza, fede e devozione.

E si preparino, per quanto lo consente la loro debolezza umana, perché è maledetto chi compie fiaccamente l’opera del Signore.[74] Giacché il sacrificio dell’altare è sopra tutti gli altri augustissimo, dispiace moltissimo quando lo si compie con irriverenza.[75]

33. «Celebrino spiritualmente»

Né vogliano ricevere in terra nessun premio per il loro celebrare, sull’esempio di Cristo, Sommo Sacerdote,[76] che si offrì in croce per noi senza nessun premio per lui.[77] Riconoscano anzi di essere per questo maggiormente obbligati a Dio.

Si esortano anche gli altri frati che assisteranno i sacerdoti che celebrano i divini misteri, a farlo con somma riverenza, con mente angelica alla presenza di Dio; spiritualmente celebrino, si comunichino e offrano a Dio quel gratissimo sacrificio.[78]

34. Età e intelligenza di chi è promosso al sacerdozio

E perché è di enorme importanza il celebrare, si stabilisce che nessun chierico venga ordinato sacerdote, se non ha compiuto ventiquattro anni, così come vuole la legge canonica. Quelli già ordinati sacerdoti si astengano dal celebrare fin quando non avranno la detta età.

Ugualmente si ordina che nessun chierico sia promosso al sacerdozio se, oltre alla buona disposizione d’animo, non avrà anche una mediocre intelligenza, affinché possa ben pronunziare e comprendere, quando celebra, le parole che dice.

Si ricordino dei loro benefattori in tutte le messe ed orazioni, pregando Dio di ricompensarli largamente nella vita presente e in quella futura.

35. Sollecitudine al coro

Si ordina inoltre che i chierici e i sacerdoti, che non siano legittimamente impediti, udito il primo suono di campana, convengano al coro per l’Ufficio divino quanto più presto potranno, per preparare il loro cuore al Signore.[79]

Qui con devozione, compostezza, mortificazione, quiete e silenzio pensino che sono innanzi a Dio ad assumere l’angelico ufficio di celebrare le lodi divine.[80]

36. Modo di celebrare la liturgia delle Ore

Si ordina anche che si dica l’Ufficio con ogni debita devozione, attenzione, maturità, uniformità di voce e consonanza di spirito, senza code o cantilena, con voce non troppo alta o bassa, ma mediocre.[81]

E si sforzeranno i frati di salmeggiare a Dio più col cuore che con la bocca,[82] in modo che non si debba dire a noi quello che fu detto agli Ebrei dal dolcissimo nostro Salvatore: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.[83]

37. Ufficio divino dei fratelli laici

Si ordina pure che i fratelli laici convengano in coro al principio di Mattutino, di Vespro e di Compieta e al Te Deum laudamus. Fatta la comune preparazione, cominciato l’Ufficio, potranno ritirarsi in qualche parte secondo la loro devozione, e dire i Pater Noster, come fissato dalla Regola.[84]

Si stabilisce inoltre che, in tutte le feste, i laici e i chierici non impediti da ragionevoli motivi, convengano al Vespro e a tutte le Messe che potranno.

38. «Non si ricevano morti»

Per evitare inconvenienti che potrebbero offendere l’altissima povertà,[85] la quiete spirituale e la tranquilla umiltà e per conservare la pace con gli altri chierici e sacerdoti[86] ed evitare ogni impurità che potrebbe col tempo macchiare il nostro Ordine, si comanda che non si ricevano morti per la sepoltura da noi, tranne che, a causa della povertà, non vi fosse nessuno disposto a dare sepoltura; in tal caso si dovrà dar fondo a tutta la carità.[87]

39. Non si seppelliscano i morti nelle nostre chiese

Nei nostri conventi resta inoltre vietata la sepoltura di secolari, ma anche di nostri frati. Non vogliamo che si seppelliscano i morti nelle nostre chiese, in cui, per la presenza di Cristo purissimo, deve regnare ogni mondezza, ma in qualche luogo conveniente, presso le chiese, oppure nel chiostro.

I frati, visitando gli infermi, si guardino dall’indurli a farsi seppellire nelle nostre chiese; anzi, se quelli lo volessero, non acconsentano in alcun modo. E perché questo fatto insolito non diventi occasione di scandalo, se ne potranno informare coloro che ne ignorano i ragionevoli motivi e così renderli persuasi.

40. «E preghino per i morti»[88]

Quando morirà qualcuno dei nostri frati, gli altri, con pio affetto di carità, ne raccomanderanno l’anima a Dio.

Ogni sacerdote che si troverà nella Provincia dove morirà il frate, celebrerà una Messa per lui; i chierici diranno le Vigilie di nove letture e i laici cento Pater noster. Ogni sacerdote, inoltre, tutte le settimane celebri una Messa per tutti i nostri frati defunti.

41. Preghiera continua e tempi di preghiera

E perché l’orazione è la maestra spirituale dei frati, acciocché lo spirito della devozione non s’intiepidisca nei frati, ma al contrario ardendo continuamente sull’altare[89] del cuore, si accenda sempre più, così come desiderava il serafico Padre;[90] e quantunque il vero devoto frate minore preghi sempre,[91] si ordina tuttavia che siano destinate alla preghiera per i meno fervorosi due ore particolari, una dopo la Compieta per tutto l’anno e l’altra, da Pasqua fino all’Esaltazione della Santa Croce, immediatamente dopo Nona, esclusi i giorni di digiuno, allorché si sposta dopo Sesta; e dall’Esaltazione della Santa Croce fino a Pasqua, dopo Mattutino.

42. Fare più orazione mentale che vocale e premettervi le Litanie dei Santi

E si ricordino i frati che pregare non è altro che un parlare a Dio col cuore. Pertanto non prega chi parla a Dio solo con la bocca. Si sforzerà, quindi, ciascuno di fare orazione mentale e, secondo la dottrina di Cristo ottimo Maestro,[92] di adorare l’eterno Padre in spirito e verità,[93] curando diligentemente di illuminare la mente e di infiammare l’affetto, più che di formar parole.

Prima della preghiera, dopo Nona o Mattutino, oppure, nei giorni di digiuno, dopo Sesta, si dicano le Litanie, invocando tutti i Santi a voler pregare Dio con noi e per noi.

Non si aggiunga altro Ufficio in coro tranne quello della Madonna, affinché i frati abbiano più tempo da dedicare alla preghiera segreta e mentale, assai più fruttuosa di quella vocale.

43. Si preghi per il Papa, i vescovi e i governanti, per il clero, i laici e i benefattori

II nostro Padre, così come appare all’inizio e alla fine della Regola,[94] volle che si avesse speciale riverenza al Sommo Pontefice, come al Vicario di Cristo, nostro Dio, e così pure a tutti i prelati e sacerdoti.

Perciò si ordina che ogni frate, nelle preghiere comunitarie e nelle sue private orazioni, preghi la bontà divina per il felice stato della Chiesa militante e per Sua Santità il Papa, perché il Signore gli dia la grazia di chiaramente conoscere, efficacemente volere e potentemente operare tutte quelle cose che sono a onore e a gloria di Dio, a salvezza del popolo cristiano e conversione degli infedeli.

Preghi ugualmente ogni frate per tutti i cardinali, vescovi e prelati che riconoscono l’autorità pontificia, per il serenissimo Imperatore, per tutti i re e i principi cristiani e per tutti i fratelli, particolarmente per coloro ai quali siamo più obbligati.

Si ordina anche che si dicano per i benefattori i cinque Uffici posti nel calendario, come è detto precedentemente.

44. Silenzio evangelico

Essendo il silenzio custodia dello spirito interiore e poiché, secondo san Giacomo, è vana la religione di colui che non sa frenare la propria lingua,[95] si comanda che, per quanto lo comporti la nostra fragilità, si osservi sempre il silenzio evangelico,[96] sapendo che, come disse l’infallibile verità Cristo Gesù, renderemo conto di ogni parola inutile.[97]

È così grande la ricchezza dei divini benefici,[98] che non è piccolo difetto che il frate dedicato al culto divino parli delle cose del mondo con la sua bocca consacrata.

45. Silenzio regolare

Quanto al silenzio regolare, sia esso continuo in chiesa, nel chiostro e nel dormitorio; mentre nel refettorio, dal primo segnale della mensa fino al momento del ringraziamento, e in ogni luogo, da quando sarà detta l’ora di Compieta fino a che non suoni Prima; e da Pasqua fino all’Esaltazione della Santa Croce si dia il segno del silenzio dopo Sesta fin quando sia finita la preghiera dopo Nona.

Chi romperà il silenzio dica nel refettorio, con le braccia in croce, cinque Pater noster e cinque Ave Maria.[99]

Si sforzino sempre i frati, in ogni luogo e circostanza, di parlare di Dio con voce sommessa e umile, con modestia e carità.

46. Non uscir soli, né senza obbedienza e correggersi fraternamente

Si ordina pure che i frati non vadano soli, ma con un compagno, ad imitazione dei santi discepoli del santissimo Salvatore.[100]

Conservando lo spirito della correzione evangelica,[101] se non si ravvedono denuncino ai propri ministri i difetti l’uno dell’altro.

Né vadano senza l’obbedienza scritta del loro ministro, cui sia stato apposto il sigillo del padre Vicario oppure quello del convento. Pertanto si stabilisce che ogni convento abbia il suo sigillo, così come è antica consuetudine dei religiosi.

Per via non si separino, non discutano fra loro, ma, con ogni umiltà e carità,[102] seguendo l’esempio di Cristo benedetto,[103] ciascuno si sforzi di obbedire e di servire spiritualmente al suo compagno, considerando che sono fratelli in Cristo.[104]

47. Evangelico saluto

E perché san Francesco scrive nel suo Testamento[105] che gli fu rivelato dal Signore che, salutando le persone, sull’esempio di Cristo dovessimo dire: Il Signore vi dia pace,[106] si ordina che i frati usino sempre questo evangelico saluto.[107]

48. Abbandono alla provvidenza nei viaggi

Dovendo i veri frati dipendere con viva fede dal misericordioso[108] e ottimo loro Padre celeste, si ordina che in viaggio non portino né fiaschi, né carne, né uova, né cibi delicati o costosi, lasciando ogni cura di se stessi a Dio,[109] il quale nutre non solo gli animali,[110] ma anche quelli che sempre l’offendono.[111]

Nelle città o nei castelli, ai quali sono vicini i nostri conventi, i frati non si fermino a dormire o a mangiare fuori di essi luoghi senza grave necessità.

49. «I frati non vadano alle feste»

E perché chi si diletta delle feste del mondo facilmente si macchia, si ordina che i frati non vadano alle feste, se non per predicare la parola di Dio, sull’esempio di Cristo nostro unico Maestro,[112] il quale, invitato ad una festa, non accettò l’invito, ma poi vi andò per predicare.[113]

Ricordandosi che, secondo l’apostolo Paolo, siamo divenuti spettacolo a Dio, agli angeli e agli uomini del mondo,[114] si sforzino di dare tale esempio, che per causa loro sia glorificato e non bestemmiato Dio.[115]

50. Digiuni e provviste di cibo

E poiché l’astinenza, l’austerità e la rigidezza sono lodate specialmente nei Santi, dal momento che abbiamo scelto una vita aspra sull’esempio di Cristo nostro Signore[116] e di san Francesco,[117] si esortano i frati a fare le sante quaresime che era solito fare san Francesco, benché il frate penitente sempre digiuni.

Non si facciano provviste esagerate o superflue, anzi neppure ordinarie.

Di mercoledì non si mangi carne.

51. Qualità e quantità dei cibi

Per mortificare l’ingordigia del ventre, si dia a mensa una sola specie di minestra. Nel tempo di digiuno si aggiunga un’insalata cotta o cruda. Pensino che basta poco per soddisfare alla necessità e nessuna cosa per contentare la sensualità.[118]

52. Usare vino molto annacquato

Affinché poi, secondo l’insegnamento del nostro santissimo Salvatore, i nostri cuori non si appesantiscano in orge e ubriachezze,[119] ma le nostre menti siano sempre sincere e mortificati i sensi, si ordina che si ponga in tavola solamente del vino molto annacquato.

E questo ci deve sembrare addirittura delizia sensuale, dato che, secondo il serafico san Bonaventura, il nostro Padre san Francesco non ardiva bere a sufficienza acqua fresca per mitigare l’ardore della sete;[120] e soleva dire che è difficile soddisfare un bisogno, senza obbedire al piacere dei sensi.[121]

Sarà per loro dolce la rinuncia se penseranno che a Cristo fu negata l’acqua sulla croce e gli fu dato vino con mirra, ovvero aceto e fiele.[122] San Girolamo scrive che al suo tempo anche i monaci ammalati bevevano acqua fredda ed era reputato dissolutezza il mangiare cibi cotti.

53. Povertà, carità e lettura alla mensa

Si comanda inoltre che a mensa non si facciano pietanze speciali a nessuno, fatta eccezione per gli infermi, quelli di passaggio, i vecchi o i molto deboli, così come richiede e prescrive la carità.

Se qualche frate vorrà astenersi dal vino, dalla carne, dalle uova e da altri cibi o voglia digiunare più spesso, se il ministro vede che ciò non possa nuocergli non lo impedisca, anzi lo incoraggi a continuare, purché mangi insieme con gli altri.

In segno di povertà non si usi tovaglia alla nostra mensa, ma un povero tovagliolino per frate.

E affinché si nutra non solo il corpo, ma molto più lo spirito,[123] si ordina che si legga sempre alla mensa un libro devoto.

54. Non si facciano specialità alla mensa

Si ordina pure che i frati non chiedano né ricevano cibi ricercati, non convenienti al nostro stato di poveri. Nello stesso tempo non si faccia uso di aromi di cucina, tranne che non sia necessario per gli infermi, ai quali si deve usare ogni possibile carità, sì come vuole la Regola[124] e ogni giusto regolamento, sull’esempio del serafico nostro Padre che non si vergognava di andare elemosinando la carne per gli infermi.[125]

E se fosse mandato ad essi qualche cibo superfluo, ringraziando con umiltà non lo accetteranno o, con il permesso dei donatori, lo dispenseranno ai poveri.

55. Accogliere i forestieri

E perché alcuni degli antichi patriarchi meritarono per la loro ospitalità di ricevere gli angeli,[126] si ordina che in ogni convento sia incaricato un frate, il quale abbia diligente cura nell’accogliere i forestieri con ogni possibile carità.

Ad esempio dell’umile Figlio di Dio laveranno loro i piedi,[127] convenendo tutti i frati a tale atto di amore. E mentre li lavano, reciteranno qualche devoto inno o salmo, reputandoci però sempre servi inutili,[128] anche se avessimo fatto ogni cosa a noi possibile.

56. Tempi delle «discipline consuete»

Perché il nostro corpo non recalcitri contro lo spirito, ma gli sia in tutto obbediente,[129] e in memoria della dolorosissima passione e soprattutto della penosissima flagellazione del nostro dilettissimo Salvatore,[130] si ordina che le discipline consuete, cioè del lunedì, mercoledì e venerdì, non si omettano neanche nelle grandi solennità. Si facciano dopo Mattutino, o di sera, quando fosse intenso il freddo. Nella settimana santa si facciano ogni notte.

Disciplinandosi, i frati pensino con cuore tenero al loro dolce Cristo, Figlio di Dio, legato alla colonna. Si sforzino di sentire una piccola parte dei suoi penosissimi dolori. Dopo la Salve Regina si dicano cinque devote orazioni.

CAPITOLO QUARTO

57. I nostri veri procuratori e avvocati

Sapendo il nostro Padre san Francesco che, secondo l’insegnamento degli Apostoli, l’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali,[131] e volendo estirparlo totalmente dal cuore dei suoi figli, comandò nella Regola che i frati non ricevessero in nessun modo denari o pecunia, direttamente o per interposta persona.[132] Lo ripete tre volte nella Regola per meglio imprimerlo nella mente dei frati, come cosa che gli stava molto a cuore.[133]

Anche Cristo, nostro Signore, diceva: Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia.[134]

Perciò noi, volendo correttamente e pienamente soddisfare alla pia intenzione e al desiderio del nostro Padre, ispirato dallo Spirito Santo, ordiniamo che i frati non abbiano in nessun modo, in terra, rappresentante o procuratore o persona alcuna in qualunque modo fosse chiamata, che tenga o riceva denari o pecunia per essi frati, o per loro richiesta, ricerca, istanza, o a nome loro, a motivo di un certo riguardo o legame con essi.

Ma il nostro procuratore e difensore sia Gesù Cristo Dio nostro, e la sua dolcissima Madre sia la nostra sostituta e avvocata e tutti gli angeli e gli altri santi siano i nostri amici spirituali.

58. Esortazione alla povertà

E perché l’altissima povertà[135] fu la sposa diletta di Cristo Figlio di Dio e del nostro Padre san Francesco,[136] suo umile servo, i frati debbono considerare che non la si può offendere senza che ciò non dispiaccia sommamente a Dio; e chi la offende, offende la pupilla dei suoi occhi.

Soleva dire il serafico Padre che i suoi veri frati non devono fare più stima della pecunia e dei denari che della polvere; ed averla in orrore come un serpente velenoso.[137]

Quante volte il pio e zelante Padre, prevedendo nel suo animo che molti frati, mettendo da parte questa evangelica perla,[138] si sarebbero rilassati accettando legati, eredità ed eccessive elemosine, pianse sulla loro dannazione, dicendo che era vicino alla perdizione quel frate che stimava la ricchezza più del fango.[139]

59. «Non si accettino legati»

L’esperienza dimostra a tutti che il frate, non appena scaccia da sé la povertà, cade in ogni altro brutto vizio. Perciò i frati, seguendo l’esempio del Salvatore del mondo e della sua diletta Madre,[140] si sforzino di essere poveri dei beni del mondo, per essere ricchi della grazia divina e delle sante virtù e ricchezze celesti.[141]

E soprattutto facciano attenzione, visitando qualche ammalato, a non indurlo, né direttamente né indirettamente, a lasciare a noi alcun bene temporale. Anzi, se quello lo voglia fare, non acconsentano, ma si oppongano per quanto giustamente possono, pensando che non si può possedere nello stesso tempo ricchezze e povertà.

Non si accettino legati.

60. Del ricorso agli amici spirituali

Circa il ricorso agli amici spirituali, per possedere più sicuramente questo prezioso tesoro della povertà,[142] si ordina che in nessun modo vi si ricorra, anche per cose necessarie, quando si possono avere comodamente in altra maniera permessa dalla Regola.[143]

Per essere di meno peso agli amici, nessun frate faccia comprare cosa alcuna di notevole prezzo o pagare senza il permesso del Vicario provinciale.

Si concede però il ricorso ad essi per cose veramente necessarie che non si possono avere in altro modo, ma sempre con il permesso dei superiori, di modo che vi sia sempre in ogni ricorso la vera necessità e il permesso.[144]

61. «Sopportare la mancanza delle cose del mondo»

E perché siamo chiamati a questa vita per vivificare lo spirito mortificando questo nostro uomo esteriore,[145] esortiamo i frati ad abituarsi a sopportare la mancanza delle cose del mondo, sull’esempio di Cristo, che, pur essendo Signore di tutto, preferì essere povero e soffrire per noi.[146]

62. Guardarsi dal «demonio meridiano» e da una falsa povertà

E si guardino i frati dallo sterminio devastatore di Satana,[147] che si maschera da angelo di luce.[148] Questo avviene quando il mondo, per mostrarci devozione, ci manifesta approvazione e ci fa lieta accoglienza, onorandoci e dandoci le sue ricchezze. Queste cose, spesso, sono state causa di molti mali nella religione.[149]

Né intendano appartenere a quei falsi poveri,[150] dei quali parla san Bernardo, che vogliono essere poveri a condizione che non manchi loro nulla.

CAPITOLO QUINTO

63. Unione con Dio «nostro ultimo fine»

Dato che il nostro ultimo fine è Dio, al quale ognuno deve tendere con ardore per trasformarsi in Lui,[151] esortiamo tutti i frati a indirizzare a questo segno tutti i loro pensieri, a rivolgere lì tutti i nostri intenti e desideri[152] con ogni possibile impeto d’amore, perché possiamo unirci al nostro ottimo Padre con tutto il cuore, mente e anima, con le nostre forze e virtù,[153] con attuale continuo intenso e puro amore.

64. Mezzi per andare a Dio: voti e virtù evangeliche

E perché senza mezzi non si ottiene il fine, perciò ciascuno si sforzi di mettere da parte tutte le cose che, in quanto inutili o dannose, ci possano ritrarre dalla via di Dio o impedirci di percorrerla.

Non curandosi delle cose che non li riguardano, i frati scelgano quelle che sono utili o necessarie per andare a Dio, preferendo fra le altre quelle che più servono, come l’altissima povertà,[154] l’immacolata castità, l’umile obbedienza[155] e le altre virtù evangeliche a noi insegnate dal Figlio di Dio con parole e con esempi in se stesso e nei suoi santi.[156]

65. Modo e tempo di lavorare

Ma perché è difficile che l’uomo possa stare sempre tutto elevato in Dio, per evitare l’ozio, radice di ogni male,[157] per dare buon esempio al prossimo e gravare meno sul mondo,[158] seguendo l’esempio dell’apostolo Paolo il quale predicava e lavorava,[159] e degli altri santi, per osservare l’ammonizione del lavoro data nella Regola dal nostro Padre san Francesco,[160] e conformarci in questo alla sua volontà espressa nel Testamento,[161] si è determinato che, quando i frati non saranno occupati in esercizi spirituali, si dedichino a lavori manuali,[162] in qualche attività a loro conveniente, durante la quale, per quanto lo può tollerare l’umana debolezza, si eserciteranno anche con la mente in qualche meditazione spirituale.

Perciò si ordina che sempre, mentre si lavora, o si parli di Dio o si legga qualche libro devoto.

66. Lavorare devotamente

Si guardino bene i frati di non mettere il loro fine nel lavorare, né porre in quello alcun affetto, né occuparvisi tanto da estinguere, diminuire o rallentare lo spirito al quale tutte le altre cose devono servire.[163] Ma, avendo sempre l’occhio aperto a Dio, camminino per la via più alta e breve, acciocché l’esercizio corporale comandato all’uomo da Dio e dai santi accettato e raccomandato per conservare la devozione dello spirito, non sia per essi occasione di distrazione o di mancanza di devozione.

67. In che consiste la povertà evangelica

D’altra parte ogni frate pensi che la povertà evangelica consiste nel non avere affezione a cosa terrena, nell’usare molto parcamente le cose del mondo,[164] quasi per forza, costretti da necessità e a gloria di Dio, dal quale bisogna considerare proveniente tutto,[165] e nel dare ai poveri, per la gloria della povertà, quello che avanza a noi.

Ricordino ancora i frati che siamo come all’albergo e mangiamo i peccati dei popoli.[166] Di ogni cosa noi dovremo rendere conto.[167]

68. Il tempo è denaro: si fugga l’ozio

II devoto san Bernardo dice che nessuna cosa è più preziosa del tempo e nessuna cosa oggi è reputata più vile. Lo stesso san Bernardo dice ancora che saremo minutamente esaminati su come avremo speso ogni tempo a noi concesso da Dio.

È per questo che esortiamo tutti i nostri fratelli a non stare mai in ozio, a non spendere il loro tempo in cose di poca o nessuna utilità né in discorsi vani o inutili, ricordandosi sempre della tremenda sentenza della Verità infallibile, che renderemo conto di ogni parola vana nel giorno del giudizio.[168]

Spendano invece tutto il tempo in esercizi spirituali o corporali lodevoli, convenienti e utili, ad onore e gloria della Divina Maestà e ad edificazione e buon esempio del nostro prossimo e dei nostri fratelli, religiosi e secolari.

CAPITOLO SESTO

69. Francesco contempla la povertà nei misteri di Cristo

II serafico nostro Padre san Francesco, considerando l’altissima povertà[169] di Cristo, Re del cielo e della terra, il quale, quanto al suo abitare, alla nascita non ebbe un po’ di posto neppure nell’albergo,[170] in vita abitò come un pellegrino in case altrui,[171] in punto di morte non ebbe dove poter reclinare il capo;[172] meditando anche come fu sempre poverissimo[173] in tutte le altre cose, per imitarlo comandò nella Regola[174] ai suoi frati che non avessero nessuna cosa propria, affinché liberi come pellegrini in terra[175] e cittadini in cielo,[176] corressero per la via di Dio[177] con spirito fervente.[178]

Perciò noi, volendo imitare in verità Cristo in così nobile esempio e osservare concretamente il serafico precetto della celeste povertà, per dimostrare realmente che non abbiamo nessuna giurisdizione, nessun dominio, nessuna proprietà, nessun possesso legale, nessun usufrutto, insomma nessun uso giuridico di cosa alcuna, anche di quelle che usiamo per necessità,[179] abbiamo stabilito quanto segue:

70. Inventario degli oggetti e gratitudine al padrone di casa

Abbiamo stabilito che in ogni convento si tenga un inventario in cui siano annotate tutte le cose di notevole valore, prestateci dai loro rispettivi proprietari per nostro necessario e semplice uso.

Entro l’ottava della festa del serafico Padre ogni guardiano vada innanzi tutto dal padrone della casa e, ringraziandolo di averla loro prestata nell’anno precedente, lo preghi umilmente di volerla con benevolenza prestare ai frati ancora per un anno. Ma se il proprietario volesse riprenderla, i frati se ne andranno senza alcun segno di tristezza, anzi con cuore allegro, accompagnati dalla divina povertà, riconoscendosi obbligati per il tempo che l’ebbero in prestito e per nulla offesi, se, essendo sua, egli non abbia voluto prestarla nuovamente, non essendo tenuto a ciò.

Lo stesso facciano per tutte le altre cose di un certo valore, riconsegnandole ai loro proprietari, quando potranno farlo comodamente, come calici e simili oggetti; o almeno promettano di ridarle, qualora non volessero più rifare il prestito. Nel caso che tali oggetti fossero fuori uso, saranno ridati così come sono ai proprietari o si chieda il permesso di distribuirli ai poveri.

71. Modo di pigliar luoghi

Si ordina pure che, quando i frati vorranno erigere un nuovo convento, vadano, seguendo l’esempio dell’umile Francesco,[180] prima di tutto dal Vescovo o dal suo Vicario e domandino licenza di poter erigere quel convento nella sua Diocesi. Ed avutala, con la sua benedizione vadano al Comune o dal primo cittadino e preghino che gli concedano in prestito un po’ di terreno.

72. Casa in prestito

Si guardino bene i frati dall’accettare una casa con l’obbligo di tenerla per sempre. Al contrario si stabilisce che l’accettino a condizione di poterla lasciare quando sembrasse conveniente per l’esatta osservanza della Regola, sicché, occorrendo lasciarla, non si desti stupore.[181]

73. Come pellegrini in «piccoli tuguri dei poveri»

Poiché come pellegrini, seguendo l’esempio degli antichi patriarchi,[182] dovremmo vivere in casupole, tuguri e romitaggi, si esortano i frati a ricordarsi delle parole del serafico Padre nel suo Testamento, dove si dice del divieto assoluto per i frati di ricevere chiese e case, fabbricate per loro, non corrispondenti alla forma della più alta povertà.[183]

Di qui si capisce che non è affatto lecito ai frati costruirle o consentire che si costruiscano sontuosamente. Non debbono i frati, per far cosa grata ai potenti di questo mondo, dispiacere a Dio, violare la Regola, scandalizzare il prossimo e offendere l’evangelica promessa povertà. Gran differenza vi deve essere fra i grandi palazzi dei ricchi e i piccoli tuguri dei poveri mendicanti, pellegrini e penitenti.[184]

Perciò si ordina che non si accettino case, o che sian fatte per noi o per altri, e tanto meno si costruiscano. Né permettano i frati che siano fabbricate per loro, se non corrisponderanno esattamente allo spirito di quella santissima povertà che abbiamo promessa.

74. Un «piccolo modello» per l’architettura cappuccina

A tale scopo si è preparato un piccolo modello secondo il quale si potrà costruire.

Le celle non superino nove palmi in lunghezza e in larghezza, dieci in altezza; le porte siano alte sette palmi e larghe due e mezzo; le finestre alte due e mezzo, larghe uno e mezzo; l’andito del dormitorio sia largo sei palmi. E, così, gli altri locali siano piccoli, umili, poveri, vili e bassi, affinché ogni cosa predichi umiltà, povertà, disprezzo del mondo.

Anche le chiese siano piccole, povere e decorose, e non vogliamo averle grandi per potervi predicare, perché come disse san Francesco, si dà migliore esempio predicando nelle chiese altrui che nelle nostre, soprattutto con l’offendere la santa povertà.[185]

75. «Abbiano per loro specchio le piccole case dei poveri»

Per evitare inoltre tutte quelle cose che potrebbero offendere la povertà, si ordina che i frati non si intromettano in nessun modo nelle costruzioni, tranne che per indicare a coloro ai quali saranno commessi i lavori la povera forma del modello per sollecitarli e dar loro aiuto manuale. Si sforzeranno inoltre i frati, per quanto potranno, di fare quello che si può fare con vimini, fango, canne, mattoni crudi e materiale di poco valore, sull’esempio del nostro Padre e in segno di umiltà e povertà.[186] Abbiano per loro specchio le piccole case dei poveri, non le moderne abitazioni.[187]

76. Licenza per prendere o lasciare, edificare o demolire le case

A scanso di ogni disordine si stabilisce che non si prenda o lasci, non si edifichi o demolisca nessuna casa senza il permesso del Capitolo provinciale e del padre Vicario generale.

Nessun guardiano abbia la possibilità di edificare o di distruggere, se non secondo gli sarà ordinato dal suo Vicario provinciale, il quale andrà ad indicare la forma di tali edifici insieme con alcuni frati adatti a tale compito.

77. Distanza dei luoghi

Affinché, poi, i secolari possano servirsi di noi nella vita spirituale e noi di loro nelle cose temporali,[188] si dispone che i nostri conventi non si edifichino molto lontano dalle città, dai paesi e villaggi, ma neppure troppo vicini perché non si abbia a ricevere danno dalle frequenti visite.

Basta che siano normalmente alla distanza di un miglio e mezzo circa, avvicinandoci di più (sull’esempio dei santi Padri, specialmente del nostro)[189] alle zone solitarie e depresse che alle città del benessere.

78. Foresteria

Si è anche stabilito che nei nostri conventi (dove è possibile) si allestisca una stanzetta col camino per accogliere, in caso di bisogno, i pellegrini e i forestieri, come ricerca la carità e comporta la nostra povertà.

79. Cella eremitica

Si ordina pure che in ogni luogo dove comodamente si potrà, nella zona boscosa concessa ai frati, vi siano una o due cellette, staccate dalla comune abitazione dei frati e solitarie,[190] per consentire al frate che volesse menar vita da anacoreta (se giudicato a ciò idoneo dal suo superiore) di potersi dare tutto a Dio, tranquillamente, in solitudine, con vita angelica, secondo l’istinto dello Spirito Santo.

In questo periodo di tempo non si parli con lui, perché egli possa nella pace godere Dio. Gli parli soltanto il suo padre spirituale che gli farà da madre nel provvedere a lui, secondo la pia mente del nostro serafico Padre,[191] come sta scritto nel libro delle Conformità.

80. Alberi e viti superflue

Si ordina ancora di non tagliare le viti o gli alberi superflui che si trovano nei luoghi scelti a dimora dei frati. Semmai, con consenso del proprietario, i frutti si diano ai poveri.

Si tolgano pure le viti, ma si consegnino perché siano piantate in altri luoghi o siano date ai poveri.[192]

81. Provvista di cibo necessario e fede nella Provvidenza

E perché, secondo l’insegnamento evangelico,[193] i cristiani e soprattutto i poveri frati di san Francesco che hanno scelto in modo speciale di seguire Cristo, sommo Imperatore[194] e specchio senza macchia,[195] per la via dell’altissima povertà,[196] debbono pensare che il loro Padre celeste sa, può e vuole provvedere ad essi, e infatti ha una cura speciale per loro; perciò non dobbiamo, come i pagani che non credono alla Provvidenza divina, procurarci con ansia e superflua sollecitudine le cose di questo mondo, che il sommo Dio largamente concede perfino agli animali. Ma come figli dell’eterno Padre,[197] posta da parte ogni sollecitudine terrena,[198] dobbiamo dipendere in tutto da quella divina liberalità e abbandonarci alla sua infinita bontà.[199]

Pertanto si ordina che nei nostri conventi non si faccia alcuna provvista, ancorché necessaria, per il vitto, soprattutto di quello che si può mendicare ogni giorno, per più di due o tre giorni, al più per una settimana, secondo le necessità dei tempi e dei luoghi.

Non si può conservare la frutta se non per poco tempo, secondo il parere del Provinciale.

82. Non si tengano botti – Provvista di legna

Per chiudere la via alla superflua provvista umana, si comanda che non vi siano né botti, né barili nei nostri conventi, ma solamente alcuni poveri recipienti o dei fiaschi.

Si potrà fare provvista di legna per due o tre mesi, soprattutto per l’inverno.

83. Non si questuino cibi prelibati, eccetto per gli infermi

Perché la mendicità dei frati non sia causa di ricchezza e di cibi delicati e non sia tale di nome e non di fatto,[200] si ordina che non si cerchino (anche durante il carnevale) carne, uova, formaggio, pesce o altri cibi prelibati, non convenienti alla povertà della nostra vita, tranne che per gli ammalati. Se tutto ciò verrà offerto, senza essere richiesto, lo si potrà accettare, purché non si offenda la povertà.

84. Parole di san Francesco

I frati soprattutto facciano attenzione che, abbondando le elemosine, per il favore dei grandi e per la fede del popolo e la devozione del mondo, non abbandonino la loro santissima madre povertà come illegittimi figli di san Francesco.[201]

Si ricordino, invece, di quelle belle parole che il loro Padre era solito dire con ardentissimo affetto d’amore: «Ringrazio Dio di aver sempre conservato fede, per la Sua bontà, alla mia diletta sposa povertà.[202] Non fui mai di limosine ladro, perché ho sempre accettato meno di quello che mi bisognava, affinché gli altri poveri non fossero defraudati della loro parte; perché fare il contrario è furto presso Dio».[203]

85. Questua per i poveri in tempo di carestia

Si è anche ordinato che in tempo di carestia, per venire incontro ai bisogni dei poveri, alcuni frati incaricati dai loro Ministri, facciano la questua, sull’esempio del nostro piissimo Padre che aveva gran compassione dei poveri. Quello che gli era dato per amore di Dio lo voleva solo a questo patto di poterlo dare ai poveri, qualora avesse trovato uno più povero di lui.[204]

Molte volte (così si legge) per non restare senza la nuziale ed evangelica veste della carità, si spogliò dei propri abiti per darli ai poveri.[205] Fu in verità spogliato dal violento impeto del divino amore.[206]

86. Proibizione di chiavi particolari

E poiché la volontaria povertà non ha niente ed è ricca di tutto[207] e felice e non teme né desidera né può perdere alcuna cosa, avendo posto il suo tesoro in luogo sicuro,[208] per eliminare realmente e veramente le radici delle occasioni di ogni proprietà, si ordina che nessun frate abbia la chiave di cella, cassa, panchetta o altro, eccetto gli incaricati, per conservare quelle cose che hanno da dispensare per la comunità dei frati, così come è giusto e ragionevole.

87. Permesso dei guardiani per dare qualcosa ai secolari

Poiché non possediamo nulla[209] in questo mondo, non sia lecito a nessun frate dare cosa alcuna ai secolari, senza il permesso dei loro guardiani.

Questi, a loro volta, non possono donare né dare ad altro frate il permesso, se non per cose minime e di poco valore, ottenutane l’autorizzazione dai loro Vicari provinciali.

88. Cura degli ammalati

E affinché si soddisfaccia alle necessità degli infermi, come suggerisce la coscienza, comanda la Regola[210] e ricerca la carità fraterna, si ordina che, ammalandosi un frate, subito gli sia assegnato dal padre guardiano un frate infermiere che lo assista in tutto. E si provveda subito a fargli cambiar luogo, se ciò fosse necessario.

E ogni frate pensi a ciò che vorrebbe fosse fatto a sé in un simile caso.[211] Nessuna madre naturale e affettuosa è tanto legata al suo unico figlio, quanto è ciascun fratello, come affermò nella nostra Regola il pio nostro Padre.[212]

89. Servire gli appestati

E perché per coloro che non sono legati da affetti terreni è dolce, giusto e doveroso morire per Colui che morì per noi in croce,[213] si ordina che nel tempo della peste i frati soccorrano gli appestati, secondo che disporranno i loro Vicari, i quali in tale circostanza si sforzeranno di tener aperti gli occhi della prudente carità.

CAPITOLO SETTIMO

90. Confessioni dei secolari

Si ordina, innanzi tutto, per evitare il pericolo dei sudditi e dei superiori, che nessun frate confessi i secolari senza il permesso del Capitolo o del padre Vicario generale, affinché tale ufficio, che richiede, oltre alla buona coscienza e alle capacità, anche la dovuta esperienza, non si eserciti da quelli che non sono idonei.

Quelli, poi, che sono designati confessori, non confessino ordinariamente, ma in casi particolari, quando dovessero esserne costretti da carità. Questo per evitare ogni pericolo e distrazione della mente, in modo che, concentrati e raccolti in Cristo, possano correre alla patria celeste[214] più sicuramente, senza impedimento.[215]

91. Frequente confessione e comunione e luogo del Santissimo Sacramento

Si comanda inoltre che i frati si confessino almeno due volte la settimana e si comunichino ogni quindici giorni o più spesso, quando essi vogliano e quando il loro superiore giudichi che sia loro conveniente. Però nel tempo dell’Avvento e di Quaresima si comunichino ogni domenica.[216]

Badino bene, secondo l’avvertimento apostolico, di esaminare prima attentamente se stessi, la loro nullità e indegnità e, d’altra parte, il nobile dono di Dio dato con tanta carità, affinché non lo ricevano a condanna delle loro anime, ma ad aumento di luce, grazia e virtù.[217]

Quest’altissimo e divin Sacramento, nel quale il nostro dolcissimo Salvatore così dolcemente si degna di abitare di continuo con noi,[218] sia tenuto in tutte le nostre chiese nel luogo più lindo e da tutti sommamente riverito,[219] davanti al quale stiano i frati e preghino, quasi come se fossero nella patria celeste insieme con i santi Angeli.

92. Possibilità di confessarsi da altri sacerdoti

Si concede ai frati di potersi confessare da altri sacerdoti in caso di necessità, quando si troveranno fuori dei nostri conventi.[220]

93. Ospitalità

Per alimentare la carità, madre di ogni virtù, si ordina che si accolgano con ogni possibile umanità cristiana quelle persone che verranno nei nostri conventi, particolarmente i religiosi, come quelli più specificamente deputati al divino ossequio, come ci esortava il nostro Padre nella sua prima Regola.[221]

94. Ricorso dei frati che peccano e mansuetudine dei Ministri

Si ordina pure che nei casi riservati i peccatori ricorrano umilmente, quanto più presto potranno, senza farsi notare e comodamente, ai loro Ministri, ai quali possano e debbano confidarsi.[222]

E i Ministri, se li vedranno veramente contriti e umiliati[223] con il fermo proposito di emendarsi e preparati alla penitenza adeguata, li ricevano con dolcezza, sull’esempio di Cristo,[224] nostro vero Padre e Pastore,[225] come fu ricevuto il figliol prodigo dal piissimo padre,[226] e si sforzino con Cristo di riportare gioiosamente sulle proprie spalle nell’angelico ovile la pecorella smarrita.[227]

95. Alcuni detti di san Francesco

Ricordino inoltre che il nostro Padre san Francesco era solito dire che, quando si vuole alzare uno che è caduto, bisogna inclinarsi per pietà, come fece Cristo, piissimo Salvatore, quando gli fu presentata l’adultera,[228] e non stare impettiti con rigida giustizia e severità.[229] Cristo, anzi, Figlio di Dio, discese dal cielo sulla croce per salvarci e mostrò ogni possibile dolcezza ai peccatori umiliati.[230] Pensino i frati ancora che, se Dio dovesse giudicarci con severa giustizia, pochi si salverebbero o nessuno.[231]

Nell’imporre la penitenza mirino sempre a salvare non a perdere l’anima e la reputazione di quel povero frate, del cui peccato nessun frate dovrà scandalizzarsi. Nessuno dovrà svergognarlo, fuggirlo o aborrirlo, anzi dovrà aver compassione di lui[232] e tanto più amarlo quanto più ne ha bisogno, sapendo che, come diceva il nostro Padre san Francesco, ognuno di noi farebbe molto peggio se Dio non ci preservasse con la sua grazia.[233]

Il Signore lasciando nel mondo, al posto suo, quale universale pastore[234] san Pietro, gli disse che voleva che desse il perdono al peccatore, peccasse anche settanta volte sette.[235] Perciò san Francesco disse in una sua lettera[236] che voleva che il frate, per quanto avesse peccato, veduti gli occhi del Ministro non se ne andasse senza misericordia quando umilmente la cercasse e, quando non la cercasse, il Ministro gliela offrisse; e se gli venisse innanzi mille volte, voleva che non si mostrasse mai sdegnato né desse a vedere di ricordarsi del suo peccato. Al contrario, per attirarlo a Cristo nostro pietosissimo Signore, lo amasse con tutto il cuore, sinceramente, sapendo che presso Dio basta pentirsi di cuore col fermo proposito di non peccare più ed esercitarsi in opere buone. Per questo Cristo perdonando era solito dire: Va’ in pace e non voler peccare più.[237]

96. Severità e punizione con misericordia e giustizia

Considerino, d’altra parte, che non punire chi pecca è aprire la porta di ogni vizio ai cattivi e invitarli al peccato; perciò, secondo la Regola, son tenuti a dare la giusta penitenza anche se con misericordia.[238]

Per questo ordiniamo che nelle cose nostre, e specialmente nella correzione e punizione dei frati, non ci si attenga alle sottigliezze della legge né a condanne giudiziarie, affinché il nostro Ordine, possessione del Signore,[239] venga protetto da buone siepi.

97. Non è lecito appellarsi

Secondo le concessioni di Bonifacio VIII, Innocenzo e Clemente, di felice memoria, a nessun frate sia lecito appellarsi contro i propri superiori a persone fuori del nostro Ordine, sotto pena di scomunica latae sententiae, di carcere e di espulsione dall’Ordine. Noi non siamo, infatti, venuti alla vita religiosa per litigare, ma per piangere i nostri peccati,[240] emendare la nostra vita, obbedire e portare la croce della penitenza, seguendo Cristo.[241]

Perché i cattivi non siano in futuro di impedimento ai buoni, essi siano puniti dai superiori con misericordia.[242]

98. Fede cattolica e frati eretici

E perché tutti i cristiani e particolarmente noi frati di san Francesco dobbiamo sempre avere integra e illibata la fede apostolica della santa Chiesa romana (Rb 12,5), e quella soltanto tenere fermamente e sinceramente predicare e per la sua difesa essere pronti a versare il proprio sangue fino a morire, ordiniamo che se qualche frate per tentazione del diavolo si trovasse macchiato (Dio non voglia!) di qualche errore contro la fede cattolica, sia messo in carcere a vita (cf 2Test 37-39).

Per punire questi o altri simili colpevoli, vi siano in alcuni dei nostri conventi carceri forti, ma umane.

99. Apostati, da chi e come si devono ricevere e punire

E perché alcuni frati, avendo in odio la solitudine e la nostra quiete, non ritornino alle carni di Egitto,[243] dopo essere stati liberati dalla fornace di Babilonia,[244] tutti gli apostati del nostro Ordine in base alle presenti Costituzioni vengano scomunicati e come tali denunciati dal nostro padre Vicario generale e da tutto il Capitolo.

Al detto Vicario generale e ai Vicari provinciali viene affidata la determinazione del tipo e della misura delle pene, con le quali colpire questi apostati e tutti gli altri colpevoli. I Vicari sono tenuti a punirli con caritatevole discrezione secondo la gravità dei peccati e l’umiltà dei penitenti, seguendo le antiche costituzioni e la lodevole consuetudine del nostro Ordine.

L’esimio Dottore sant’Agostino dice che il fine per cui si castiga e si perdona è sempre di correggere la vita dell’uomo. Perciò in tali processi la giustizia venga così moderata dalla misericordia che non venga meno il rigore della disciplina e non si ecceda per eccessiva severità, ma il peccatore, come ammalato,[245] si curi con una punizione nella quale la misericordia e la verità si incontrino.[246]

A questo scopo si scelgano come nostri superiori persone mature e piene di discrezione, ricche di scienza, coscienza ed esperienza, che in tutte le cose procedano con il consiglio dei più anziani fratelli.

100. Non si rivelino i segreti dell’Ordine

E affinché le punizioni, da noi inflitte con buon zelo, non siano impedite o sinistramente giudicate, e ci sia maggiore libertà di procedere contro i colpevoli, si proibisce di manifestare i segreti[247] del nostro Ordine.

Dobbiamo conservare, per quanto è possibile, la fama di tutti, attendendo sempre a quelle cose che sono a lode e gloria di Dio,[248] causa di pace, edificazione[249] e salvezza del nostro prossimo.[250]

CAPITOLO OTTAVO

101. Autorità come servizio

Secondo la dottrina di Cristo, nostro umile[251] Signore, i superiori cristiani non devono essere come i principi di questo mondo i quali diventano altezzosi per la loro carica,[252] anzi tanto più devono abbassarsi, quanto maggior peso hanno sulle loro spalle e pensare che mentre gli altri frati devono obbedire al loro ministro, essi devono obbedire a tutti i frati, come è imposto loro per obbedienza dal Capitolo che li elegge; devono anzi servirli e governarli in ogni loro necessità, soprattutto in quelle spirituali, seguendo l’esempio di Cristo, il quale venne per servirci, ministrarci e dare la sua vita per noi.[253]

Pertanto si esortano tutti i superiori ad essere ministri e servi di tutti i loro frati.[254] Faranno questo se, con l’esempio e la dottrina somministreranno spirito e vita[255] ai loro sudditi, secondo l’insegnamento del serafico Padre.[256]

102. Umiltà e semplicità nelle elezioni

In ogni elezione si agisca puramente, semplicemente, santamente e canonicamente.

Seguendo l’esempio di Cristo, pietoso nostro Signore, quando siamo invitati alle sue nozze sforziamoci di stare all’ultimo posto[257] con lui, e non con Lucifero al primo posto,[258] sapendo che i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi.[259]

E fuggendo con Cristo le dignità,[260] non le accettino se non saranno chiamati da Dio, come Aronne,[261] dalla santa obbedienza.

103. Capitoli generali e provinciali

Si ordina che si convochi il Capitolo generale ogni tre anni, nella festa di Pentecoste, come la più adatta a un così importante evento e stabilita dal nostro serafico Padre.[262]

I Capitoli provinciali si tengano ogni anno, il secondo o terzo venerdì dopo Pasqua.[263]

104. Rinuncia e consegna dei sigilli

In segno di umiltà e per dimostrare la sincerità del loro animo lontano da ogni specie di ambizione, il Vicario generale nel Capitolo generale e i Vicari provinciali nei Capitoli provinciali rinunceranno spontaneamente ai loro uffici e ad ogni autorità nelle mani dei Definitori eletti dal Capitolo; e deporranno nelle mani degli stessi Definitori i sigilli, a testimonianza di perfetta rinuncia.

105. Quando muore il Vicario generale

Se il padre Vicario generale dovesse morire durante il suo triennio, si stabilisce che diventi Commissario generale il primo Definitore del precedente Capitolo.

Nel caso che questi fosse morto, sarà Commissario il secondo, e così di seguito.

Il Commissario sarà tenuto nel più breve tempo possibile a convocare il Capitolo per la festa di Pentecoste, o all’incirca, o a settembre, nel luogo già stabilito o che gli sembrerà conveniente, ascoltato il parere degli altri Definitori, quando li potrà comodamente reperire.[264]

106. «Modo certo, sicuro e facile» per deporre il Generale

Quando il Vicario generale non fosse idoneo, per fissare un modo certo, sicuro e facile per poterlo deporre, come san Francesco impone nella sua Regola,[265] si ordina che i primi tre Definitori eletti nel Capitolo precedente, raccolta una plausibile e sufficiente informazione della sua incapacità, possano e debbano convocare i frati al Capitolo generale, dove e quando a loro sembrerà opportuno. In esso si abbia a discutere se è giusto o no che il Vicario venga deposto.

E se il Vicario generale tentasse di impedire tale convocazione del Capitolo, sia privato ipso facto dell’ufficio.

Se poi il Capitolo giudicasse il Vicario generale immeritevole di essere deposto e quindi ingiustificato il subbuglio creato nell’Ordine dai tre suddetti Definitori, questi siano gravemente puniti, ad arbitrio del Capitolo stesso, per avere agito così indiscretamente.

107. Elezione dei Definitori

Si stabilisce anche che tutti i frati presenti nel luogo del Capitolo abbiano voce passiva nella elezione dei Definitori. In tale elezione i Vicari abbiano voce attiva: il Generale al Capitolo generale e i Provinciali nei Capitoli provinciali.

Si determina inoltre che nel Capitolo generale siano eletti sei Definitori, dei quali due tutt’al più potranno essere di quelli già stati Definitori nell’ultimo Capitolo.

Nei Capitoli provinciali siano eletti quattro Definitori, dei quali similmente non più di due possono essere fra quelli dell’anno immediatamente precedente.

108. Durata del servizio del Provinciale

Si stabilisce ugualmente che i Provinciali non abbiano incarichi almeno per un anno dopo il loro triennio, tranne che per un ragionevole motivo non sembri giusto diversamente al padre Vicario generale.

109. «Ferventi orazioni» durante i Capitoli

Durante la celebrazione del Capitolo generale si facciano continue e ferventi orazioni da tutti i frati del nostro Ordine; e nel tempo del Capitolo provinciale da tutti i frati della Provincia. Si pregherà la clemenza divina perché si degni di disporre tutte le nostre cose secondo il suo beneplacito, a lode e gloria del suo Nome e per il bene di tutta la sua santa Chiesa.

CAPITOLO NONO

110. Evangelizzazione e scelta dei predicatori

Annunciare la parola di Dio, ad esempio di Cristo Maestro di vita,[266] è uno dei più degni, utili, alti e divini uffici che vi siano nella Chiesa di Dio, donde dipende principalmente la salvezza del mondo.

Perciò si ordina che nessun frate vada a predicare, se prima non sia stato esaminato e approvato dal capitolo generale o non sia stato autorizzato dal padre Vicario generale, come vuole la Regola.[267]

Si neghi questo ministero a coloro che non sono di vita santa ed esemplare, di giudizio chiaro e maturo, di volontà forte e ardente, poiché la scienza e l’eloquenza senza la carità non edificano, anzi molte volte distruggono.[268]

Stiano molto attenti i superiori, nell’affidare un tale compito, di non aver preferenza di persone,[269] né agiscano per amicizia o favore umano,[270] ma semplicemente per onore a Dio,[271] preferendo che sian pochi e buoni i predicatori, anziché molti e non adatti.

Prendano esempio da Cristo, somma Sapienza,[272] che fra un moltitudine di Ebrei elesse solo 12 apostoli e 72 discepoli, dopo aver lungamente pregato.[273]

111. «Predichino Cristo crocifisso»

Si impone ai predicatori di non raccontare favole nelle loro prediche, né novelle, poesie, storielle o altre dottrine vane, superflue, curiose, inutili, anzi dannose, ma, sull’esempio dell’apostolo Paolo, predichino Cristo crocifisso,[274] nel quale sono tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio.[275]

Questa è la sapienza divina che Paolo, nella sua santità, predicava tra i perfetti,[276] dopo essere diventato un cristiano adulto, perché quando era un fanciullo ebreo pensava, sapeva e parlava da bambino[277] delle ombre e figure dell’Antico Testamento.[278]

I predicatori dovrebbero citare solamente Cristo (la cui autorità prevale su tutte le persone e ragionamenti del mondo[279] e i santi Dottori.

112. Predicare «per sovrabbondanza di amore»

E perché all’ignudo e umile Crocifisso non si addicono parole accurate, ricercate e affettate, ma nude, pure, semplici, umili e chiare,[280] nondimeno divine, infocate e piene di amore,[281] sull’esempio di Paolo vaso di elezione[282] che predicava non in sublimità di sermone e di eloquenza umana, ma in virtù di Spirito,[283] per questo si esortano i predicatori a imprimersi Cristo benedetto nel cuore[284] e a dargli possessione pacifica di se stessi,[285] così che per sovrabbondanza di amore[286] sia Lui a parlare in loro, non solo con le parole, ma molto più con le opere, sull’esempio di Paolo, Dottore delle genti,[287] che non ardiva predicare agli altri alcuna cosa che prima non avesse operato in lui il Cristo.[288]

Anche Cristo, perfettissimo Maestro, ci diede il suo insegnamento non solo con la dottrina, ma con le opere.[289] Infatti sono grandi nel Regno dei cieli coloro che prima operano per sé, poi insegnano e predicano agli altri.[290]

113. «Predicare assiduamente»

Non credano di aver fatto assai se predicano soltanto la Quaresima o l’Avvento, ma si sforzino di predicare assiduamente, almeno tutte le feste, seguendo l’esempio di Cristo, specchio di ogni perfezione, che andava per la Giudea, la Samaria e la Galilea[291] a predicare per le città e i villaggi[292] e qualche volta a una sola donna, come si legge della Samaritana.[293]

114. «Ritornino alla solitudine»

Quando sentono affievolirsi il loro spirito[294] per essere stati troppo a conversare con le persone, ritornino alla solitudine e ivi se ne stiano tanto che, ripieni di Dio, l’impeto dello Spirito Santo di nuovo li muova a spargere le grazie divine al mondo.

E così, facendo ora Marta ora Maria,[295] in “vita mista” seguiranno Cristo che, dopo aver pregato sul monte, scendeva a predicare nel tempio.[296] Addirittura scese dal cielo in terra per salvare le anime.[297]

115. «Vivano da poveri e mendichi»

I predicatori non accettino inviti a pranzi, ma vivano da poveri e mendichi[298] come hanno volontariamente promesso per amore di Cristo.

Si guardino soprattutto da ogni forma di avarizia[299] affinché, predicando Cristo liberamente e sinceramente,[300] riportino frutto con maggiore abbondanza.[301]

Pertanto si proibisce che facciano questue predicando, né per sé né per i frati, affinché, secondo l’insegnamento apostolico, sia noto a tutti che non cercano i propri interessi, ma quelli di Gesù Cristo.[302]

116. «Leggere Cristo»

Chi non sa leggere Cristo, libro della vita,[303] non ha dottrina da poter predicare.[304] Perciò si proibisce ai predicatori di portare molti libri, poiché in Cristo si trova ogni cosa.[305]

117. Sacra Scrittura, norma dei «predicatori evangelici»

Questo benedetto ministero della predicazione è molto eccellente e assai accetto a Cristo Dio nostro.[306] Egli lo ha ben dimostrato quando di persona ha voluto esercitarlo con tanto fervore di quella sua divina carità[307] per la salvezza delle nostre anime, dispensandoci la salutare dottrina evangelica.[308]

Per poter dunque meglio imprimere nel cuore dei predicatori la Regola e il modo da seguire per annunciare più degnamente il Cristo crocifisso,[309] predicare il Regno di Dio[310] e operare con fervore la conversione[311] e la salvezza delle anime,[312] quasi replicando e in un certo modo inculcando, aggiungiamo e imponiamo che nella loro predicazione usino la Sacra Scrittura e specialmente il Nuovo Testamento, ma soprattutto il santo Vangelo, affinché, essendo noi predicatori evangelici,[313] rendiamo evangelici anche i popoli.

118. Predicare la penitenza e la conversione

Mettano da parte tutte le vane e inutili questioni e opinioni, le declamazioni che sollecitano l’orecchio, le sottigliezze da pochi comprensibili, ma sull’esempio del santissimo precursore Giovanni Battista, dei santissimi Apostoli e di altri santi predicatori infiammati del divino amore, anzi sull’esempio dello stesso dolcissimo nostro Salvatore, predichino così: Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino. [314]

E come il nostro serafico Padre ci ammonisce nella Regola, «annuncino i vizi e le virtù, la pena e la gloria, con brevità di discorso»,[315] non desiderando, né cercando altro che la gloria di Dio e la salvezza delle anime, redente col preziosissimo sangue dell’Agnello immacolato, Cristo Gesù benedetto.[316]

119. Rispetto delle persone, onore alla Chiesa gerarchica e a tutti i predicatori

I loro discorsi siano ponderati e casti[317] e non si rivolgano a persona alcuna in particolare, perché, come dice il glorioso san Girolamo, il parlare in generale non offende nessuno, riprovando certamente i vizi, ma onorando l’immagine del Creatore nella creatura.[318]

E come ci esorta il serafico Padre nel suo Testamento,[319] si impegnino a «temere, amare e onorare» i venerandi sacerdoti, gli eccellentissimi vescovi, gli eminentissimi cardinali e sopra tutti il Santo e Sommo Pontefice, vicario di Cristo in terra, capo universale, padre e pastore di tutti i cristiani e di tutta la Chiesa militante, e tutti quanti gli altri dello stato ecclesiastico, che «vivono secondo l’ordine della santa Chiesa Romana» e sono umilmente soggetti al predetto loro e nostro capo, padre e signore, cioè al Sommo Pontefice.

E come ci insegna ancora il nostro santo Padre nello stesso Testamento,[320] noi «dobbiamo onorare e venerare tutti i predicatori che ci dispensano le santissime parole divine, come quelli che ci somministrano lo spirito e la vita».[321]

120. «Ascendano il monte dell’orazione»

Affinché, poi, non succeda che, dopo aver predicato agli altri, vengano essi stessi squalificati,[322] lascino qualche volta la frequenza dei popoli e col dolcissimo Salvatore, ascendano sul monte dell’orazione e della contemplazione,[323] e lassù si sforzino d’infiammarsi come serafini del divino amore,[324] affinché essendo ben caldi, possano riscaldare gli altri.[325]

121. «Non portino molti libri» – Biblioteca conventuale

Come già è stato detto, non portino con sé molti libri,[326] per poter più assiduamente leggere nell’eccellentissimo libro della croce.[327]

E perché fu sempre intenzione del nostro dolce Padre che i libri necessari ai frati si avessero in comune e non in privato,[328] per meglio osservare la povertà e rimuovere dal cuore dei frati ogni affetto e particolarità, si ordina che in ogni nostro convento vi sia una stanzetta in cui tenere la Sacra Scrittura e le opere di alcuni santi Dottori.

I libri inutili dei gentili, che rendono l’uomo più pagano che cristiano, non si conservino nei nostri conventi, come si è detto precedentemente nel primo capitolo. Se per caso ve ne fossero, su disposizione del padre Vicario generale o provinciale, si diano ai poveri.

122. «Devoti e santi studi» e condizioni per esservi ammessi

Chi deve predicare degnamente e col dovuto ordine ha bisogno di avere non solo una vita religiosa e lodevole, ma anche qualche nozione delle Sacre Scritture, il che naturalmente non è possibile senza una sufficiente conoscenza delle umane lettere.

Affinché un così nobile e fruttuoso esercizio, come è la predicazione, nell’Ordine nostro non venga meno con gravissimo danno delle povere anime dei secolari, si ordina che vi siano alcuni devoti e santi studi,[329] ridondanti di carità e di umiltà, sia nel campo grammaticale, sia nelle lettere sacre.

A tale studio potranno essere ammessi quei frati che, a giudizio del Vicario provinciale e dei Definitori, saranno di fervente carità, di lodevoli costumi, di umile e santa conversazione; e inoltre siano talmente disposti a imparare che, in seguito, con la loro vita e dottrina, possano diventare utili e fecondi nella casa del Signore.[330]

123. Esortazione agli studenti.

Gli studenti non cerchino di acquistare la scienza che gonfia, ma la illuminativa[331] e infiammante carità di Cristo,[332] la quale edifica l’anima.[333] Né mai s’immergano tanto nello studio delle lettere da tralasciare lo studio sacro dell’orazione, perché agirebbero espressamente contro l’intenzione del serafico Padre che non voleva che si lasciasse mai la santa orazione per qualsiasi studio letterario.[334]

Ma per meglio poter avere lo spirito di Cristo[335] si sforzeranno, tanto i maestri quanto gli studenti, di impegnarsi di più nello studio spirituale che in quello letterario.[336] Così facendo, tanto più approfitteranno nello studio quanto più ricercheranno lo spirito piuttosto che la lettera; perché senza lo spirito non si penetra nel vero senso,[337] ma si resta fermi alla semplice lettera che accieca e uccide.[338]

124. Studiare in povertà e umiltà

Contemporaneamente si sforzeranno di non lasciare mai la via regia che conduce al paradiso,[339] cioè la santa umiltà con la santa povertà,[340] ricordandosi spesso del detto di Iacopone:

«Scienza acquisita – mortal sì dà ferita – s’ella non è vestita – de core umiliato».

Sarà loro occasione di umiliarsi se riconosceranno di avere aggiunto un nuovo obbligo verso Dio, per essere stati ammessi allo studio e fatti degni di essere introdotti alla vera e soave comprensione delle Sacre Scritture, sotto il senso delle quali sta nascosto Colui, il cui spirito è più dolce del miele[341] a chi lo gusta.[342]

125. Preghiera da recitarsi prima della lezione

Quando andranno a lezione, li esortiamo a ricordarsi di innalzare la loro mente a Dio, e in atteggiamento umile, con animo contrito[343] dicano:

«Signore, io vilissimo servo tuo, indegno d’ogni bene, voglio entrare a vedere i tuoi tesori. Degnati di introdurmi così indegno come sono e, in queste parole e in questa santa lezione, donami la grazia di tanto amarti quanto conoscerti, perché non voglio conoscerti se non per amarti, Signore Dio, Creatore mio. Amen».

CAPITOLO DECIMO

126. Visita canonica ed esortazione dei Ministri ai frati

Si ordina che il padre Vicario generale si sforzi, nel suo triennio, di visitare personalmente tutti i conventi e i frati del nostro Ordine e che i Vicari provinciali sempre vadano visitando i loro fratelli.[344]

Tanto loro quanto i guardiani non cessino di esortare con carità i loro frati alla perfetta osservanza dei precetti e consigli divini ed evangelici e della Regola che hanno professata e delle presenti Costituzioni e specialmente dell’altissima povertà,[345] saldissimo fondamento di tutta la regolare osservanza.[346]

E con ogni umiltà e carità correggano coloro che hanno sbagliato,[347] mescolando sempre al vino della severa giustizia l’olio della dolce misericordia.[348]

127. I frati, corretti, s’inginocchino e, se rispondono, facciano la disciplina

I frati obbediscano umilmente ai loro ministri in ogni cosa nella quale senza alcun dubbio non vedranno offesa al Signore.

Abbiano per i loro ministri, come vicari di san Francesco, anzi di Cristo nostro Dio, la dovuta riverenza;[349] e quando saranno da loro ripresi e corretti, secondo la lodevole consuetudine dei nostri antichi e umili padri e fratelli,[350] umilmente si inginocchino e pazientemente sopportino ogni rimprovero e correzione;[351] e non rispondano superbamente,[352] né ardiscano in alcun modo rispondere al ministro, soprattutto nel capitolo o in refettorio, se prima non avranno domandato e ottenuto il permesso. Contravvenendo a ciò, facciano davanti ai frati la disciplina per lo spazio di un Miserere.

Tutti i frati si sforzino con ogni zelo di emendarsi dei loro difetti, di acquistare le virtù celestiali con frequenti atti virtuosi e vincere le cattive abitudini con le buone.[353]

Stiano attenti i ministri a non irretire le anime dei frati con precetti obbedienziali, se non saranno costretti da divina pietà o da necessità caritativa.[354]

128. Accoglienza e obbedienza per i forestieri e benedizione per uscir di casa

Ugualmente si ordina che i frati forestieri siano ricevuti con ogni amore fraterno. Questi, come veri figli dell’Eterno Padre,[355] prima visitino la sua chiesa e dopo essere stati un po’ genuflessi a pregare, si presentino al superiore e gli mostrino l’obbedienza, senza la quale a nessuno dei nostri frati sia consentito di andar fuori convento.

Anche i frati del posto, quando vanno fuori per qualche servizio, domandino prima la benedizione al proprio superiore e facciano lo stesso al loro ritorno.

129. Non mangiare senza permesso

Perché ogni cosa si faccia con il merito della santa obbedienza e con la dovuta devozione,[356] nessun frate presuma di prendere refezione alcuna, sia dentro che fuori dei nostri conventi, senza il permesso e la benedizione del superiore o del più anziano padre o fratello.

130. Evitare discorsi vani e le inutili peregrinazioni

Tutti i frati cerchino di evitare i discorsi superflui e vani.[357]

E non si curino di visitare altre chiese per le indulgenze, perché molti sommi pontefici ne hanno concesso in maggior numero nelle nostre chiese.

131. Il «frate fuggitivo»

Ordiniamo che nessun frate fuggitivo da una provincia sia ricevuto e accettato in un’altra, senza il permesso scritto del padre Vicario generale. Se si farà diversamente, sia invalidata la sua accoglienza e chi l’avrà ricevuto sia gravemente punito ad arbitrio dello stesso padre Vicario generale.

132. Licenza per scrivere o ricevere lettere

Ad evitare possibili inconvenienti, si ordina che nessun frate giovane mandi o riceva lettere, senza licenza del suo superiore.

133. Accettare con umiltà di essere ministro dei frati

Sull’esempio del Signor nostro Gesù Cristo[358] e del nostro serafico Padre,[359] tutti i frati devono sempre desiderare di essere sudditi e di obbedire, piuttosto che essere superiori e comandare ad altri.[360]

Ma quelli ai quali per obbedienza sarà imposto il superiorato non siano pertinaci nel rifiutarlo, ma compiano il servizio loro affidato con ogni umiltà e sollecitudine.[361]

134. Fuggire le mormorazioni

Esortiamo ancora tutti i nostri frati, secondo l’ammonizione del nostro Padre nel decimo capitolo della Regola,[362] a guardarsi «da ogni superbia e vanagloria, invidia e avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, da ogni detrazione e mormorazione», specialmente nei riguardi della gerarchia ecclesiastica, del clero, delle persone consacrate, particolarmente del nostro Ordine francescano, ma portiamo riverenza ad ognuno secondo il suo grado,[363] considerandoli tutti come nostri padri e maggiori[364] in Cristo Gesù, nostro Salvatore.[365]

CAPITOLO UNDICESIMO

135. Evitare la cura spirituale di monasteri, confraternite e congregazioni

Secondo il parere dei santi Dottori, particolarmente di san Girolamo, i servi di Dio devono evitare e, con santa cautela, fuggire la familiarità con le donne,[366] anche se pie.

Perciò tutto il nostro Capitolo generale con grandissima maturità, dopo attento esame, stabilisce questo provvedimento che dovrà essere inviolabilmente osservato da tutto il nostro Ordine, e cioè: che per nessuna ragione, né sotto qualsiasi pretesto di bene, di virtù e santità, né a richiesta della gente o di signori, i nostri frati dovranno accettare la cura spirituale di monasteri e neppure di confraternite, né di congregazioni maschili o femminili; non siano loro confessori e non abbiano nessuna cura di loro.[367]

Credano in questo più volentieri agli esempi vivificanti di Cristo, nostro Salvatore, e alle salutari dottrine dei Santi, che alle certezze umane.

136. «Non entrino nei monasteri»

Poiché spetta ai veri religiosi e servi di Cristo fuggire non solo i mali evidenti e i peccati, ma anche ogni cosa che possa mostrare un qualsiasi aspetto di male,[368] vogliamo che i frati non vadano in nessun monastero o in altre case dove vivono in comune donne religiose,[369] senza l’autorizzazione del Vicario provinciale.

Quest’ultimo sia in ciò vigilante e avverta bene di non concedere facilmente tale licenza se non a frati maturi e solo in caso di necessità o di grande pietà, perché il nostro Padre san Francesco diceva che Dio aveva tolto ai frati la moglie, e il demonio aveva loro procurato le monache.

137. «Non abbiano sospetti consorzi e consigli di donne» – Memorabile esempio

E acciocché puri di cuore vediamo Dio[370] con l’occhio della sincera fede[371] e diventiamo più adatti alle cose celesti,[372] non abbiano i frati sospetti rapporti con donne, né conversazioni inutili, né colloqui prolissi e non necessari con esse.[373]

Costretti da necessità a parlare con loro, per dare buon esempio a tutti, se ne stiano sempre in luogo non appartato, così che siano veduti dal compagno e diffondano il buon profumo di Gesù Cristo in ogni luogo.[374]

Conversino con purezza, discrezione e onestà,[375] ricordandosi di quel memorabile ammaestramento – lo si legge nelle nostre cronache – di quel santo frate che, bruciando un po’ di paglia disse: «Quel guadagno che fa la paglia col fuoco, fa il religioso servo di Dio conversando con donne».

Di san Ludovico vescovo, nostro frate, dice Papa Giovanni XXII nella bolla di canonizzazione, che l’amore della castità era talmente radicato nel suo cuore, fin dalla sua puerizia, che per la fedele custodia di essa egli evitava ogni incontro con le donne. Non parlava mai solo con sola, se non con la madre e le sorelle; aveva infatti conosciuto che la donna è più amara della morte.[376]

E san Bernardo dice che due cose rovinano e confondono i frati: la familiarità con le donne e la ricercatezza dei cibi.

138. Clausura e discrezione

Inoltre non vogliamo che entrino donne nei nostri conventi senza grave necessità o per grande devozione, quando, senza scandalo, non si potesse offrire un rifiuto. Entrando siano in buona compagnia di uomini e di donne. Prima però di ammetterle si abbia il consenso dei frati del luogo.

Siano incaricati di accompagnarle due maturi e santi frati. Essi, con decorosa religiosità e ottimo esempio, parlino sempre di argomenti che edificano in Cristo, nostro Signore, e che riguardano la salvezza delle anime.

E non solo con le donne, ma anche con gli uomini secolari la nostra conversazione sia rara, perché una eccessiva familiarità con essi è dannosa per noi.

CAPITOLO DODICESIMO

139. Numero di frati nei conventi e comunione di vita

Perché più puramente si osservi la Regola insieme all’altissima povertà,[377] con il debito ordine delle cose divine,[378] ordiniamo che nei nostri conventi non risiedano meno di sei frati, né più di dodici, i quali riuniti nel nome del dolce Gesù,[379] abbiano un cuor solo e un’anima sola,[380] sforzandosi sempre di tendere ad una maggiore perfezione.[381]

E per essere veri discepoli di Cristo si amino cordialmente,[382] sopportando i difetti gli uni degli altri,[383] esercitandosi sempre nel divino amore e nella carità fraterna;[384] si adoperino nel dare ottimo esempio l’uno all’altro come ad ogni persona,[385] facendo anche continua violenza alle proprie passioni e inclinazioni viziose,[386] perché, come dice il nostro Salvatore: Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti, cioè quelli che fanno violenza e forza a se stessi, se ne impadroniscono.[387]

140. Numero e peso delle campane – Suppellettili della chiesa e sagrestia

Si ordina che nelle nostre chiese vi sia solo una piccola campana di centocinquanta libbre o quasi.

E nei nostri conventi non vi sia altra sagrestia che un armadio, ovvero una cassa, con una buona chiave che un frate professo porti sempre con sé. In questo armadio o cassa siano riposte le cose necessarie al culto divino.

Si abbiano due piccoli calici, uno di stagno e l’altro con la sola coppa di argento. Non si posseggano più di tre poveri paramenti senza oro, argento, velluto o seta, o altra preziosità o curiosità, però molto lindi.[388]

I pallii degli altari siano di panno non prezioso, i candelieri di legno, i nostri messali e breviari e anche tutti gli altri libri siano poveramente rilegati e senza alcun fregio e ornamento, in modo che l’altissima povertà[389] risplenda in tutte le cose che sono a nostro povero uso[390] e ci infiammi alla preziosità delle ricchezze celesti, dove è ogni nostro tesoro,[391] ogni delizia e gloria.

141. Guardare al Vangelo, alla Regola, alle consuetudini e ai santi

Poiché non è possibile fissare una legge o emanare statuti per tutti gli eventuali casi particolari che sono innumerabili, esortiamo, nella carità di Cristo,[392] tutti i nostri fratelli a tenere davanti agli occhi, in ogni loro azione, il santo Vangelo, la Regola promessa a Dio, le sante e lodevoli consuetudini e i luminosi esempi dei santi, rivolgendo ogni loro pensiero, parola e opera[393] ad onore e gloria di Dio e al bene spirituale dei fratelli,[394] e lo Spirito Santo in ogni cosa li ammaestrerà.[395]

142. Uniformità delle cerimonie – Per meglio conoscere san Francesco

Per l’uniformità delle cerimonie, tanto in coro quanto in ogni altro luogo, si legga la dottrina di san Bonaventura e le ordinazioni dei nostri antichi padri.

E per meglio conoscere in ogni cosa l’intenzione del nostro serafico Padre, si leggano i suoi «Fioretti», le «Conformità» e altri libri che parlano di lui.

143. Vocazione missionaria di alcuni «frati perfetti»

Poiché la conversione degli infedeli fu molto a cuore al nostro serafico Padre,[396] perciò, a gloria di Dio e a loro salvezza, si ordina, secondo la Regola (Rb 12,2; Rnb 16), che se alcuni frati perfetti, infiammati dall’amore di Cristo benedetto (2Cor 5,14) e dallo zelo della sua fede cattolica, vorranno per divina ispirazione andare a predicare agli infedeli, si rivolgano ai loro Vicari provinciali o al padre Vicario generale, e se saranno da questi giudicati idonei, con la loro licenza e benedizione intraprendano tale ardua impresa.

I frati non vogliano presuntuosamente giudicarsi idonei a un compito tanto difficile e pericoloso, ma con timore e umiltà rimettano il loro desiderio al discernimento dei loro ministri.

Si potrà ancora fare differenza tra infedeli assai mansueti, malleabili e disposti a ricevere facilmente la fede cristiana, come sono quelli scoperti di recente nelle Indie da Spagnoli o Portoghesi, e fra i Turchi e Agareni, i quali sostengono e difendono la loro maledetta setta con le armi e le torture.

I ministri non prendano in considerazione lo scarso numero dei frati, né si dolgano per la partenza dei buoni, ma rimettendo ogni loro sollecitudine ed ansietà in Colui che ha continua cura di noi,[397] in tutte le cose facciano come consiglia lo spirito di Dio[398] e tutto dispongano con la carità[399] che non fa male nessuna cosa.[400]

144. Povertà e mondezza, senza curiosità o preziosità

Perché rimanga sempre in noi la povertà, santa sposa di Cristo nostro Signore, amata dal nostro Padre,[401] i frati avvertano che nelle cose pertinenti al culto divino, nelle costruzioni, nelle suppellettili che usiamo, non si trovi nessuna curiosità, né superfluità o preziosità,[402] sapendo che Dio richiede da noi piuttosto l’obbedienza promessa nella santa povertà che i sacrifici.[403]

Come dice papa Clemente V nella sua Dichiarazione, Dio si compiace più del cuore puro e delle opere sante, che delle cose preziose e ben ornate.

Tuttavia nella nostra povertà dovrà risplendere ogni mondezza.

145. Leggere e praticare le Costituzioni; impegno dei Ministri

Siccome il nostro Salvatore cominciò prima ad agire e poi ad insegnare agli altri,[404] così tutti i nostri Ministri siano i primi ad osservare le presenti Costituzioni e poi, con santo ed efficace ardire, spingano tutti i loro frati ad osservarle integralmente.

E se, forse, alcune prescrizioni in principio sembrassero piuttosto difficili, la santa consuetudine le renderà facili e piacevoli. E perché meglio s’imprimano nella mente dei frati e tutti le osservino, i guardiani le facciano leggere alla mensa almeno una volta al mese.

E benché non intendiamo con queste Costituzioni obbligare i frati sotto pena di peccato, tuttavia vogliamo e ordiniamo che i trasgressori di esse siano severamente puniti.

Se poi i guardiani saranno negligenti nell’osservarle e nel farle osservare e nel punire i trasgressori, siano essi ancor più gravemente puniti dai padri Vicari provinciali e questi dal padre Vicario generale.

146. Non cambiare le Costituzioni; Ordinazioni generalizie; «Santa uniformità»

Poiché le presenti Costituzioni sono state composte con grandissima diligenza e matura deliberazione e sono state approvate da tutto il nostro Capitolo generale e anche dalla Sede Apostolica, non si mutino senza il consenso del Capitolo generale.

E noi per l’appunto esortiamo tutti i nostri padri e fratelli, presenti e futuri, a non cambiare le presenti Costituzioni neppure nei Capitoli generali, perché, come abbiamo veduto per esperienza, i troppi cambiamenti delle Costituzioni hanno recato gran danno alla Religione.

E non si facciano costituzioni provincializie, ma, capitando altri casi particolari, si provveda e si diano prescrizioni nelle riunioni dei Capitoli generali, e si lascino immutate queste, secondo le quali tutto il nostro Ordine deve vivere ed essere regolato con santa uniformità.

147. Benedizione di san Francesco ai frati zelanti

II nostro serafico Padre, in punto di morte, lasciò larga benedizione della santissima Trinità agli zelanti e veri osservanti della Regola e vi aggiunse anche la sua paterna benedizione.[405]

Perciò studiamola con diligenza e procediamo con affetto e amore sulla via perfetta che ci è stata mostrata e insegnata nella Regola stessa e nell’Ordine nostro, fuggendo ogni negligenza.[406]

148. Amore filiale nell’osservare le Costituzioni

Servire solo per evitare il castigo appartiene unicamente agli spiriti servili[407] e mercenari;[408] invece operare per amore di Dio, per fare cosa gradita alla sua Maestà, per la divina grazia e gloria, per dare buon esempio al prossimo e per molti altri simili motivi, questo spetta ai soli veri figli di Dio.[409]

Perciò i frati si guardino sommamente dal trasgredire queste Costituzioni, come non obbligatorie sotto colpa alcuna, ma conoscendo di quale spirito siamo,[410] osservino integralmente le leggi, le sanzioni e gli statuti dell’Ordine, perché si aggiunga grazia al loro capo[411] e meritino, mediante questa osservanza, la clemenza divina, e siano conformi al Figlio di Dio,[412] il quale, pur non essendo obbligato alla legge da lui fatta, volle osservarla per la salvezza nostra.[413]

Si mantengano nello stato sublime della Religione e siano causa di molti beni al prossimo. Certamente è proprio dei buoni servitori non solo eseguire quelle cose ordinate con minacce dai loro padroni o signori, ma desiderare di compiacerli in molte altre cose.[414]

149. Esortazione efficace alla comune regolare osservanza

Adempiendo, pertanto, queste prescrizioni, eleviamo gli occhi al nostro Redentore[415] affinché, conosciuta la sua volontà, ci sforziamo di piacergli,[416] non solamente non disprezzando le presenti Costituzioni (il disprezzo sarebbe grave peccato), ma per amor Suo perfino usando ogni diligenza nell’osservarle. Se osserveremo queste Costituzioni, saremo aiutati ad adempire non solo la perfetta osservanza della Regola che abbiamo promesso, ma anche la legge di Dio e i consigli evangelici.

La grazia di Dio ci libererà dai pericoli per mezzo di Gesù Cristo.[417] Nelle fatiche inoltre abbonderà per Gesù Cristo la nostra consolazione[418] e potremo ogni cosa in Colui che ci conforta,[419] cioè Cristo onnipotente; per ogni cosa ci darà intelligenza[420] Colui che è potenza di Dio e sapienza[421] e che è il Salvatore,[422] che dà ad ognuno abbondantemente e non rinfaccia quello che dona.[423] Ci somministrerà anche le forze Colui che sostiene tutto con la potenza della sua parola.[424]

150. Desiderio della gloria celeste e famosa predica di san Francesco

Ricordiamoci, padri e fratelli carissimi, spesse volte di quel sacro e memorabile argomento che il nostro serafico Padre trattò in una sua famosissima predica a più di cinquemila frati:[425] «Grandi cose abbiamo promesso a Dio, ma cose maggiori Dio ha promesso a noi». Osserviamo dunque queste cose che abbiamo promesse e con ardente desiderio aspiriamo a quei beni che sono stati promessi a noi.[426] I piaceri di questo mondo sono brevi, mentre la pena dell’inferno che si merita seguendoli è perpetua.[427] Le sofferenze che sosteniamo per amore di Cristo e la penitenza che facciamo per Lui dureranno poco, ma la gloria che per questo ci sarà data da Dio sarà infinita.[428] Molti sono chiamati al regno della vita eterna, ma pochi sono gli eletti,[429] perché pochissime persone seguono Cristo in verità di cuore. Alla fine Dio darà ad ognuno la ricompensa a seconda delle opere fatte[430]tanto ai buoni quanto ai cattivi – o la gloria o la dannazione.[431]

151. Attrazione del Padre per andare a Cristo con gioia

Queste cose che abbiamo promesso, benché grandi, tuttavia sono un nulla a paragone di quel premio eterno che Dio vuole darci,[432] se sapremo essere fedeli nell’osservarle.

Comportiamoci quindi da uomini,[433] non diffidando delle nostre energie, perché quell’ottimo Padre che ci creò e ci ha dato di praticare l’evangelica perfezione e sa di che siamo plasmati,[434] non solamente ci darà le forze con il suo aiuto,[435] ma ci darà ancora i suoi doni celestiali[436] in tanta copia e abbondanza[437] che, superati tutti gli impedimenti, non solo potremo obbedire al suo dolcissimo Figlio, ma anche seguirlo e imitarlo con grandissima gioia e semplicità di cuore,[438] disprezzando completamente queste cose visibili e temporali e anelando sempre a quelle che sono celesti ed eterne.[439]

152. Elevazione contemplativa per Cristo al Padre nello Spirito

In Cristo, dunque, il quale è Dio e uomo,[440] luce vera,[441] splendore di gloria[442] e candore della luce eterna, specchio senza macchia e immagine di Dio,[443] costituito dall’eterno Padre giudice, legislatore[444] e salvatore degli uomini,[445] al quale lo Spirito Santo ha dato testimonianza,[446] siccome in Lui sono i nostri meriti, esempi di vita, aiuti, favori e premi, così sempre in Lui sia la nostra meditazione e imitazione.

In Cristo tutto è dolce, facile, leggero,[447] soave, saggio, santo e perfetto. Egli è luce,[448] è attesa dei popoli,[449] è termine della legge,[450] è salvezza di Dio,[451] Padre del secolo futuro,[452] speranza finalmente nostra,[453] diventato per noi sapienza e giustizia, santificazione e redenzione.[454]

A Cristo che con il Padre e con lo Spirito Santo coeterno e consustanziale, coeguale ed unico Dio vive e regna, sia sempiterna lode, onore, potenza e gloria nei secoli dei secoli.[455] Amen.

SIGlE E ABBREVIAZIONI

Scritti di Francesco e Chiara d’Assisi

Am Ammonizioni

Aud “Audite, poverelle” (1225)

BfL Benedizione a frate Leone

Cant Cantico di frate Sole (1225)

Eslod Esortazione alla lode di Dio

Fvit Forma di vita (alle “povere signore”)

LAnt Lettera a frate Antonio

1Lch Lettera a tutti i chierici (1ª redazione)

2Lch Lettera a tutti i chierici (2ª redazione)

1Lcus Prima lettera ai custodi

2Lcus Seconda lettera ai custodi

1Lf Lettera ai fedeli (1ª redazione)

2Lf Lettera ai fedeli (2ª redazione)

LfL Lettera a frate Leone

Lmin Lettera a un ministro

LodAl Lodi di Dio Altissimo (1224)

Lora Lodi per ogni ora

LOrd Lettera a tutto l’Ordine

Lrp Lettera ai reggitori dei popoli

Pater Parafrasi del “Padre nostro”

PCr Preghiera davanti al Crocifisso

Plet Della vera e perfetta letizia

Rb Regola bollata (1223)

Rer Regola di vita negli eremi

Rnb Regola non bollata (1221)

RsC Regola di santa Chiara d’Assisi

SalV Saluto alla beata Vergine Maria

Salvir Saluto alle virtù

1Test Testamento di Siena (aprile-maggio 1226)

2Test Testamento (1226)

TestsC Testamento di santa Chiara d’Assisi

UffPass Ufficio della Passione del Signore

Uvol Ultima volontà (alle “povere signore”)

Biografie di Francesco d’Assisi

AP Primordi o fondazione dell’Ordine [Anonimo perugino]

CA Compilazione di Assisi [Leggenda perugina]

1Cel Vita del beato Francesco [Vita prima], di Tommaso da Celano

2Cel Memoriale nel desiderio dell’anima [Vita seconda], di Tommaso da Celano

3Cel Trattato dei miracoli di san Francesco, di Tommaso da Celano

Clar Libro delle cronache o delle tribolazioni dell’Ordine dei frati minori, di Angelo Clareno

3Cp Leggenda dei tre Compagni

Fior I Fioretti di san Francesco

FiorCons Delle sacre stimmate di santo Francesco e delle loro considerazioni

3LAg Lettera terza alla beata Agnese di Boemia

LM Leggenda maggiore, di Bonaventura da Bagnoregio

Lm Leggenda minore, di Bonaventura da Bagnoregio

SCom Sacrum Commercium sancti Francisci cum domina Paupertate

SP Specchio di perfezione

  1. cf Mt 21:33; Is 5:1-7; 27:2-5
  2. Ct 4:4
  3. cf Rm 8:9; Jn 6:64; Gal 2:20; Fil 1:19.21
  4. LM 12,2; 14,4; CA13-14,17,76; SP 76,85; 1Cel 55,84
  5. cf 2Pt 1:17-19
  6. Mt 3:17; 17:5
  7. Rb 1,2; 12,5
  8. cf 2Cel 208; SP 76
  9. 2Test 17
  10. cf Mt 13:3-8, 18-30; Mk 4:3-20; Lk 8:5-15
  11. cf Rm 8:9; Rb 10,10
  12. cf Rm 11:33; 1Cor 2:7; Eph 3:9; Jm 3:15
  13. Phil 2:8
  14. Mt 11:25; Lk 10:21
  15. Mt 6:22-23; Lk 11:34-35
  16. cf 2Cel 192
  17. Col 2:3
  18. cf 2Test 47; CA 113; SP 1
  19. cf SP 16, 23, 27, 71, 81; CA 2, 61, 76, 85, 87
  20. cf 2Cel 16-17; LM 3,10; 3Cp 50-51
  21. 2Test 41
  22. Jn 8:39
  23. cf CA 2, 38, 61, 76, 8587
  24. cf 1Cel 80; 2Cel 165; LM 8,6; CA 49; SP 118-119
  25. cf Phil 2:7-8
  26. 1Pt 2:13; Rnb 16,7
  27. Lk 14:10; 1Cor 4:9
  28. cf 2Cel 148
  29. Phil 2:8, 7-8; Mt 11:29
  30. Gal 3:13; 4:4
  31. cf Mt 17:24-27
  32. CA 115; SP 50; 2Test 23
  33. 2Test 10; LM 4,3; CA 15; SP 10
  34. cf 2Cel 151; LM 6,4; CA 106; SP 46
  35. 2Test 30-31
  36. Mt 22:14
  37. CA 75-76; SP 71; 2Cel 162
  38. Mt 23:8
  39. Mt 19:21
  40. LM 11,2; SP 14, 73; 2Cel 216
  41. cf 2Test 19; 2Cel 15; LM 3,3; CA 20
  42. Rb 2,7
  43. Mt 23:15
  44. Jn 1:9; 8:12; 14:6
  45. cf Mt 11:29
  46. cf Eph 3:16-17; Col 2:7
  47. Eph 4:24; Rm 13:14
  48. Mt 11:8
  49. Ps 83:11 Vulg; CA 102
  50. cf Rb 2,17; Rnb 2, 14-17; LM 5,2
  51. 2Test 20-21
  52. Rb 2,15; Rnb 2,13
  53. cf 1Thess 5:19; 2Cel 69; SP 15
  54. 2Cor 8:9
  55. 3Cel 2; LM [Miracoli] 1,1
  56. cf Gal 6,14
  57. Mt 8:20; Lk 9:58
  58. cf Mt 26:41; Mk 14:38; Lk 21:86; 1Pt 4:7
  59. LM 5,1; 1Cel 52
  60. cf Mk 1:12-13
  61. cf Mk 6:9
  62. cf SCom 10-12
  63. cf 1Cor 9:24; Hb 12:1
  64. cf Jn 12:14
  65. 1Cel 98; LM 7,12; CA 30,54
  66. cf Mt 11:29
  67. cf Is 50:6
  68. cf 2Cel 24-25; 3Cp 46,63; AP 31; SP 78
  69. Regola Rb 3,2
  70. 2Test 37
  71. LM 13,9; Lm 2,8
  72. cf Ps 138:1
  73. Eph 6:6; Col 3:22
  74. Jer 48:10
  75. LOrd 15-37
  76. Hb 6:29; 9:11
  77. Hb 12:2; Rm 5:8; Phil 2:6; 1Pt 1:18-19
  78. Am 1
  79. cf 1Sam 7:3
  80. cf 2Cel 97
  81. LOrd 51-53
  82. Eph 5:19; 1Cor 14:15
  83. Mt 15:8; Mk 7:6
  84. Rb 3, 3-5; Rnb 3, 10-14
  85. Rb 6,5
  86. cf 2Cel 146; CA 15; SP 54
  87. cf 1 Jn 3:17
  88. Rb 3,5
  89. cf Lv 6:2
  90. Rb 5,3; 10,10-11; LM 10,1
  91. cf 1Tm 5:17; Rnb 22,25; 23,32; Am 16
  92. cf Mt 23:8; Jn 13:14
  93. Jn 4:24; Rnb 22,30-32; Am 15,2; 2Lf 19
  94. Rb 1,3; 12,4-5
  95. Gc 1,26
  96. cf LM 5,6
  97. Mt 12:36; cf Jn 3:16
  98. cf Gc 1,5
  99. cf 2Cel 160; CA 78; SP 82
  100. cf Mk 6:7; Lk 10:1
  101. cf Mt 18:15-17; Lk 17:3
  102. cf Rb 3,11
  103. cf Phil 2:8; Mk 10:43-45; Lk 22:24-27
  104. Mt 23:8
  105. 2Test 27; Rb 3,14
  106. Lk 10:5-6; Mt 10:12-13
  107. cf 3Cp 26; CA 67; LM 3,2
  108. cf Lk 6:36
  109. Ps 55:23; 1Pt 5:7; Phil 4:6
  110. cf Mt 6:25-34; Lk 12:22-31
  111. cf Mt 5:45; Lk 6:35
  112. Mt 23:8
  113. cf Jn 7:8-10,14
  114. 1Cor 4:9
  115. cf Rm 2:24; 2Pt 2:2
  116. cf Mt 4:2; Lk 42
  117. cf Rb 3,6-10; LM 9, 2-3; CA 93; 2Cel 197
  118. LM 5,1; 1Cel 51; 3Cp 15
  119. Lk 21:34
  120. LM 5,1
  121. ibid.
  122. Jn 19:29-30; Mt 27:34,48
  123. cf CA 95; SP 94
  124. Rb 4,3; 6,11
  125. cf 2Cel 175; SP 42
  126. cf Gen 18:2; 19:1ff; Tb5:4ff; Jg 6:11-24; 13:3-23; Heb 13:2
  127. cf Jn 13:5
  128. Lk 17:10
  129. cf Rm 7:14-25
  130. cf Jn 19:1
  131. 1Tm 6:10
  132. Rb 4,2
  133. cf Rb 4,2. 4; 5,4
  134. Lk 12:15
  135. cf Rb 6,5
  136. cf 2Cel 55,72; LM 7,1; SCom
  137. cf Rnb 8,7; 2Cel 68; LM 7,5
  138. Mt 13:46
  139. cf 2Cel 164, 188; CA 70,75-77; SP 72; Lm 3,9
  140. cf Uvol; 2Lf 5; LM 7,1; 2Cel 83,200
  141. cf Rb 6,5
  142. cf Mt 13, 44-46
  143. cf Rb 5,4
  144. cf Rb 4,3
  145. Jn 6:63-64; 2 Cor 4:10,16; Eph 3:16; Rm 8:13; 1Pt 3:18
  146. 2Cor 8:9; Phil 2:6-7;1Pt 2:21
  147. cf Ps 91:6
  148. 2Cor 11:14
  149. cf SCom 43-50
  150. cf SCom 38
  151. cf 1Cor 6:17
  152. cf Col 3:1-2
  153. cf Lk 10:25-28; Mk 12:28-34; Dt 6:5
  154. Rb 6,5
  155. cf 2Cel 161
  156. cf Rb 3,12; 10,8-15
  157. Sir 33:28
  158. cf 2Cel 161
  159. cf Acts 18:3; 20:34; 2Thess 3:7-9; 2Cor 11:9
  160. Rb 5
  161. 2Test 25
  162. cf CA 78; SP 75
  163. cf Rb 5,3
  164. cf 1Cor 7:31
  165. cf Jm 1:17; 1Cor 8:6
  166. cf Hos 4:8
  167. cf 2Cor 5:10; Rm 14:10-12
  168. Mt 12,36
  169. Rb 6,5
  170. Lk 2,7
  171. cf Mt 25:35
  172. Mt 8:20; Lk 9:58; Jn 19:30
  173. 2Cor 8:9
  174. Rb 6,2-3; 2Test 28-29
  175. Ps 39:13; 1Pt 2:11
  176. cf Eph 2:19
  177. cf Ps 119:32
  178. cf SCom 19-22; 2Cel 55-56; LM 7, 1-2
  179. cf CA 112
  180. cf CA 14-16; SP10
  181. cf CA 16; SP 10
  182. cf Heb 11:13; Gen 23:4
  183. 2Test 28-29
  184. LM 7,2; CA13; 2Cel 59; SP 9
  185. cf CA 16; SP 10
  186. cf CA 77; SP 11
  187. cf LM 7,2
  188. 2Cel 70
  189. cf CA 14-16; SP 10; LM 10,3
  190. cf CA 16
  191. Rer
  192. cf 2Cel 165; SP 118
  193. Mt 5:25-34; Lk 12:22-31
  194. cf 1Tm 6:15
  195. Ws 7:26
  196. Rb 6,5
  197. cf 1Jn 3:1; Rm 8:15-15
  198. Phil 4:6
  199. 1Pt 5:7
  200. cf 2Cel 162; SCom 38
  201. cf 2Cel 16-17; 3Cp 50-51
  202. LM 14,4
  203. CA 111; SP 12; 2Cel 87
  204. LM 7,6; 8,5; 2Cel 83; anche Rnb 8,10
  205. CA 52,54; 2Cel 86-90
  206. CA 53; SP 34
  207. 2Cor 6:10
  208. cf Lk 12:33; Mt 6:19-20
  209. 2Cor 6:10
  210. Rb 4,2; 6,9; Rnb 10
  211. cf Mt 7:12; Lk 6:31
  212. Rb 6,10-11; Am 18
  213. cf 1Jn 3:15; 2Cor 5:14; Eph 5:2,25
  214. 1Cor 9:24-26; Heb 12:1-2
  215. cf CA 115; SP 50
  216. cf Rnb 20
  217. cf 1Cor 11:28-29,31
  218. cf Am 1,22-23
  219. cf 2Test 13
  220. cf Rnb 20,2-3
  221. Rnb 7,15
  222. Rb 7,2
  223. cf Ps 51:19
  224. cf Lk 15:1-2; Mt 9:10-12
  225. Jn 10:11
  226. Lk 15:20-24
  227. Lk 15:4-7; Mt 18:12-14
  228. Jn 8:6-8
  229. cf 2Cel 177; Fior 26
  230. cf Mt 9:13; 1Tm 1:15
  231. cf Ps 143:2; Rm 3:20
  232. cf Rnb 5,10-11; Rb 7,5; Am 11 e 18; Lm14-15
  233. 2Cel 185; SP 80
  234. cf Jn 21:15-19
  235. Mt 18:21-22; Lk 17:3-4
  236. cf Lmin 8-10
  237. Jn 8:11; 5:14
  238. Rb 7,3
  239. cf Dt 32:9; 1Cor 3:9; CA 67; SP 26
  240. cf Is 22:12; Ez 9,4; LM Prologo, 2; 5,8
  241. cf Mt 10:38; 16:24; Lk 9:23; 14:27
  242. Rb 7,3
  243. cf Ex 16:3; Nm 11:4-5
  244. cf Dn 3:49-90
  245. cf Rnb 5,10-11; Lmin 15
  246. cf Pr 25:9
  247. Eph 1:6,12,14
  248. cf Rm 14:19; 1Cor 14:26; Heb 12:14
  249. cf 1Pt 1:9; 2Cor 1:6; LM 8,4; 2Cel 185-186
  250. cf Mt 11:29
  251. cf Mt 20:25
  252. Mt 20:28; Rnb 4,5
  253. Rb 10,2.7
  254. Jn 6:64
  255. cf 2Test 15; Rnb 5,12-18; 2Cel 185-186
  256. cf Lk 14:10
  257. cf Is 14:13-14
  258. Mt 19:30; 20:16; Lk 13:30
  259. cf Jn 6:15; SP 64; 2Cel 148; CA 83; LM 6,5
  260. Heb 5:4
  261. Rb 8,3-4; Rnb 18,2; 2Cel 193
  262. Rnb 18,1; Rb 8,6
  263. cf Rb 8,3
  264. Rb 8,5
  265. cf Mt 23:8; Lk 4:43; LM 4,2; 1Cel 35
  266. Rb 9,3; Rnb 17,1-2
  267. 1Cor 8:2
  268. cf Eph 6:9; 1Pt 1:17; Rm 2:11; Col 3:25
  269. cf Gal 1:10; 1Thess 2:4,6
  270. cf Col 3:22-23
  271. 1Cor 1:30
  272. cf Lk 6:12-13; 10:1
  273. 1Cor 1:23
  274. Col 2:3
  275. 1Cor 2:6-7
  276. 1Cor 13:11
  277. cf Col 2:17; Heb 8:5; 1Cor 10:6,11
  278. cf Mk 1:22; Mt 7:29; Lk 4:32; 1Cor 1:25
  279. cf Rb 9,4; 2Cel 189
  280. cf LM 12,7
  281. Acts 9:15
  282. 1Cor 2:1,4; Col 1:28-29
  283. cf Col 2:7
  284. cf 1Cor 6:19; Rm 8:9; LOrd 29
  285. cf 2Cel 163,194; LM 9,2
  286. 1Tm 2:7
  287. Rm 15:18; SP 4; CA 74
  288. cf Acts 1:1; SP 73
  289. Mt 5:19; 2Cel 180
  290. cf Mt 4:23; Lk 4:44; 17:11; Mk 1:39
  291. Lk 8;1; Mt 9:35
  292. Jn 4:7ff
  293. cf 1Thess 5:19
  294. cf Lk 10:38-42; Rer
  295. cf Jn 8:1-2
  296. cf Jn 3:13; 6:38-39
  297. cf Ps 40:18; 2Test 28-29
  298. cf Lk 12:15; 1Thess 2:5; Heb 13:5
  299. cf Phil 1:14-18; 2Tm 2:9
  300. cf 2Cor 9:8
  301. Phil 2:21; 2Cor 2:17
  302. Apoc 3:5; 21:27
  303. cf 1Cor 2:2
  304. cf Col 2:3; Rm 8:32; 2Cel 105
  305. cf 1Cor 1:17
  306. cf Eph 2:4; Rm 5:8; 2Cor 5:14; 1Jn 4:9
  307. cf Mt 4:23; 9:35; Mk 1:14; 13:4,10; Lk 8:1; 4:18,43
  308. cf 1Cor 1:23
  309. 1Cor 1:23
  310. Mk 1:15
  311. cf 1Pt 1:9
  312. cf 2Tm 1:11; Mk 16:15
  313. Mt 3:2; Rnb 21,3; 3Cp 36; 1Cel 16,29; LM, Prologo, 1; 2,5; 2Cel 3-4
  314. Rb 9,5
  315. 1Pt 1:19
  316. Rb 9,4
  317. cf Gen 1:27; 1Cor 11:7; Col 3:10
  318. 2Test 8-11
  319. 2Test 15; 2Cel 163
  320. Jn 6:63
  321. 1Cor 9:27
  322. cf Mt 14:23; Jn 6:15; Ex 19; SP 73
  323. cf LM Prologo,1; 14,1
  324. cf 2Cel 163-164; CA 70
  325. SP 3
  326. LM 4,3
  327. cf 2Cel 180; 3Cp 43
  328. cf 2Cel 163
  329. cf Ps 52:10
  330. cf Eph 5:14
  331. cf Rm 8:35; 2Cor 5:14
  332. 1Cor 8:2
  333. cf Rb 5,2-3; 10,9-11; L Ant; 2Cel 164,195;CA 70-71; SP 4,72; LM 11,1
  334. Rm 8:9; Rb 10,10
  335. cf 2Cel 192
  336. cf 1Cor 2:16
  337. 2Cor 3:6; Am 7
  338. cf 2Cel 200; LM 7,1
  339. Salvir 2,11-12
  340. cf Sir 24:19; Ps 19:11; 119:103; Ez 3:3; Apoc 10:10
  341. cf 2Cel 199; LM 10,6
  342. Dn 3:39; Ps 51:19
  343. Rb 10,2; Rnb 4,1
  344. Rb 6,5
  345. cf CA 102; SP 44; LM 7,2; SCom 1-2
  346. Rb 10,2
  347. cf Lk 10,34
  348. cf 2Cel 151; LM 6,3; CA 104; SP45
  349. cf 3Cp 43; AP 30
  350. Am 23
  351. Rnb 11
  352. cf Rnb 22
  353. cf 2Cel 153; SP 49
  354. 1Jn 3,1-2
  355. cf Rb 5,3
  356. cf Am 21; Rnb 11,1-2; LM 5,6; CA 78,80; SP 72
  357. cf Mt 20:28; Mk 10:45; 14:36; Phil 2:8
  358. cf 2Cel 143, 151; CA 105-106; SP 39,46; LM 6,4
  359. Am 4; 20; 2Cel 145
  360. cf Am 20; 24,1
  361. Rb 10,8
  362. cf CA115
  363. cf Phil 2:3
  364. cf Am 12; 26; 2Test 10; 1Test 5; 2Cel 146; CA 17; SP 87
  365. cf 2Cel 112-114; LM 5,5
  366. cf Rnb 12
  367. cf 1Thess 5:22
  368. Rb 11,3
  369. Mt 5:8
  370. cf Mt 6:22-23; Lk 11:34-36
  371. 1Cor 2:9; Am 16
  372. Rb 11,2; Rnb 12,1
  373. 2Cor 2:14-15
  374. cf LM 5,5; 2Cel 112
  375. Qo 7:26
  376. Rb 6,5; 2Test 47
  377. cf 1Cor 14:40
  378. cf Mt 18:20
  379. Acts 4:32
  380. 2Cor 13:11
  381. Jn 13:35
  382. Gal 6:2; Col 3:13
  383. 1Jn 4:7-21; 1Pt 4:8; 1Thess 3:12; Rm 12:10; Rb 6,8-10; Rnb 7,16; 9,13-14; 11,4-5
  384. Rm 15:2; 2Cor 6:3; 2Cel 155
  385. cf Col 3:5-8
  386. Mt 11:12
  387. cf CA 18; SP 56
  388. Rb 6,5
  389. cf 2Cel 60
  390. cf Mt 6:19-21; 19:21; Lk 12:33-34
  391. 2Cor 5:14; Rm 8:35
  392. cf Col 3:1-2
  393. cf 1Tm 1:17; 1Pt 1:9; 2Cor 1:6
  394. Jn 16:13; 1Jn 2:27
  395. cf 2Cel 152; SP 48
  396. Ps 55:23
  397. cf Jn 14:26; 16:13; Mt 10:20
  398. 1Cor 16:14
  399. Rm 13:10; 1Cor 13:4-7
  400. cf 2Cel 55; SCom; LM 7, 1-2
  401. cf CA 75; SP 5
  402. cf 1Sam 15:22; Hos 6:6
  403. Acts 1:1; SP 73
  404. cf 2Test 48-49; 2Cel 208; LM 14,5; SP 87
  405. cf SCom 55, 65; SP 76,80-81; 2Cel 221; CA 96
  406. cf 1Jn 4:18; 2Tm 1:7; Rm 8:15; Jn 15:15
  407. Jn 10:12-13
  408. Gal 4:7; 1Jn 3:1; Rm 9:16
  409. cf Rm 8
  410. Prov 1:9
  411. Rm 8:29
  412. cf Gal 3:13-14; 4:4-5; Mt 5:17-19
  413. cf Jn 8:29; 1Jn 3:22; Rm 15:2
  414. cf Ps 123:1-2; Heb 12:2
  415. cf 2Tm 2:4; Col 1:10; Heb 13:21; Jn 8:29; Tb 14:10
  416. 2Cor 12:9; Rm 7:24-25; 2Tm 4:18; Mt 6:13
  417. 2Cor 1:5
  418. Phil 4:13
  419. 2Tm 2:7
  420. 1Cor 1:24
  421. cf Ps 25:5; Jn 4:42; Lk 2:11; 1Tm 4:10; Tit 2:11; 3:4,6
  422. Jm 1:5
  423. Heb 1:3
  424. cf Fior 18,2; 2Cel 191
  425. cf 2Pt 1:4; 2Cor 5:2-4
  426. Mt 25:41
  427. Rm 8:18; 2Cor 4:17-18
  428. Mt 22:14
  429. Prov 12:14; Mt 16:27; Rm 2:6-8; Apoc 2:23; 22:12
  430. Mt 25:46; Jn 5:9
  431. Rm 8:18; 2Cor 4:12
  432. 1Cor 16:13
  433. Ps 103:14
  434. Col 1:11
  435. Jm 1:17; Eph 4:8
  436. Rm 5:15
  437. cf Phil 4:4-5
  438. 2Cor 4:18
  439. 1Tm 2:5
  440. Jn 1:9
  441. Heb 1:3
  442. Wis 7:26
  443. Acts 10:42; Jm 4:12
  444. Jn 4:42; 1Tm 4:10
  445. Jn 1:32-34
  446. Mt 11:30; 1Jn 5:3
  447. Jn 1:4; 8:12; 12:46; 1Jn 1:5
  448. Gen 49:10; Lk 2:30-32
  449. Rm 10:4
  450. Lk 3:6
  451. Is 9:6
  452. 1Tm 1:1
  453. 1Cor 1:30
  454. cf Jude 25; Apoc 5:13