Bernardino Ochino Predica prima a Lucca nel 1538

Predicazione evangelica di Bernardino Ochino da Siena

The text is taken from Cargnoni, Costanzo (editor), I Frati Cappuccini. Documenti e Testimonianze del Primo Secolo, IIII/1, 2135-2138.

Predica prima [predicate a Lucca nel 1538: In che modo si conosce un buon cristiano]

5630 Infra le cose difficili, certo è difficillimo conoscere uno vero cristiano, onde Diogene a mezogiorno accese una lanterna e con quella andava per la città fra la moltitudine delli uomini cercando d’un uomo; fu domandato che andava cercando con la lanterna, essendo mezogiorno. Rispose: “Cerco di un uomo e non lo trovo”. Gli dissero[1] ridendo: “Ohimè, noi siamo qui tanti uomini davanti a te, e cerchi d’un uomo?”. Disse Diogene: “Ohimè, l’uomo è razionabile e con ragione fare deve tutte le sue operazioni; e però vado cercando con la lanterna accesa, e non trovo un solo uomo razionale, perché tutti voi, che vi reputate uomini, non siete uomini, non vivendo razionabilmente, né operando con l’uso della ragione”.[2] Cosí noi possiamo direi essere molto e molto difficile a conoscere un buon cristiano. Voglio adunque che noi vediamo in che modo debbiamo conoscere uno buon cristiano. Sarà materia utile e necessaria. Prestatemi grata audienza, e incominciamo nel nome di Giesú.

A fructibus eorum cognoscetis eos:[3] dice il’ Salvatore nostro. Dai frutti si conosce un buon cristiano e non per la dottrina e cieca prudenza, né per fede morta, né solamente per l’abito religioso, né per cerimonie e operazioni morte, ma sí bene per li frutti della fede e del vivo spirito, i quali Paolo li descrive dicendo: “I frutti dello spirito sono pace, allegrezza, pazienza, longanimità, pietà, benignità, mansuetudine, fede, modestia, continenza, castità”,[4] e questi sono i frutti del cristiano vero, e non la dottrina e cieca prudenza, fede morta e operazioni morte, la fede de’ quali certo gli è poltrona e oziosa.

5631 Sono molti che sono dotti e san[n]o le epistole di Paulo, gli articoli della fede, e dicono bene e non fanno,[5] di quali si salveranno le belle parole e i belli detti, ma l’anima e corpo perderanno. Sai bene che la invernata né la primavera non si conoscono gli arbori, ma ne l’autunno dai frutti; cosí il vero cristiano non si conosce nello battes[i]mo, né in ne le cerimonie, ma a’ frutti vivi della viva fede e de lo vivo spirito. Non omnis qui dicit mihi: Domine, Domine, intrabit in regnum colorum;[6] cioè, non ognuno che mi dirà: “Signore, Signore”, entrerà nel regno de’ cieli. Vuoi tu conoscere da te stesso chiaramente se sei cristiano, o non? Piglia una bilancia e apri, cristiano mio, il petto tuo per mezo, e tieni la bilancia in mezo, ei attendi se la pende o declina alla destra o alla sinistra; cioè, se maggiore amore hai a Dio o alli figliuoli, a te stesso o al mondo con le sue concupiscenzie. Se hai maggiore amore a Dio, allora sei perfetto cristiano e veramente credi.

Ma, ehimè, che dirò di quelli che li minor pensieri ché abbino è pensare a Dio e alla carità del prossimo dove giace la perfezione cristiana; alli quali le richezze, li figliuoli, l’amore del secolo, disfrenati desideri, l’amore proprio e il proprio volere e commodo è la loro Trinità e il lor Cristo? Né | in le opere morte solamente consiste la fede viva, a guisa del Fariseo, il quale diceva giustificandosi: “Non sono come gli altri uomini”,[7] ma umili con Giesú il quale dice: Cum feceritis haec omnia, dicite quia servi inutiles sumus,[8] cioè, quando averete fatto ogni buona operazione che fare può un buon cristiano, dite che siate[9] servi inutili e senza alcun frutto, imperoché se Cristo ti spogliasse di tutti i suoi doni, li quali per sua liberalità ti ha donato, che cosa aresti di tuo, se non una moltitudine infinita di peccati, bruttezze e infirmità senza numero? E però la perfezione de la vita cristiana non consiste solo nelle opere morte, ma nelle opera vive della viva fede.

Cristo adunque deve essere come il cuore nel corpo e il capo, imperoché tutte le membra del corpo espuoni per difendere il cuore e il capo, cosí debbi esporre il corpo tuo e tutto quello che possedi, e tutte le cose che sono sotto il cielo dispregiare per non offendere il cuore e il capo, cioè Cristo, tuo tesoro e sposo.

5632 Ohimè, che se tu conoscessi la bontà di Dio in te e la gloria e le richezze infinite, le quali Dio ti ha preparato nella futura vita, certamente tu dispregeresti queste cose vili, caduche, frali e momentanee, sí come dispregia un pontifice, un cardinale e un principe nuovamente creato, il quale con allegrezza distribuisce tutto quello che possede nel suo regal palazzo, avendo a ricevere molto maggiori e piú preciosi premi e richezze;[10] cosí se veramente tu credessi la futura vita tanto felice e degna, e i beni invisibili, grandi e infiniti, i quali tha preparati Dio, ohimè, tutte queste cose basse le reputaresti vilissime e come sterco per guadagnare Cristo[11] e troveresti la vita ne la morte, l’allegrezza nel pianto, le richezze nella povertà, il dolce nello amaro, le commodità nei disagi, e cosí saresti veramente cristiano, imperoché dice Paulo: Quos praescivit, hos et praedestinavit conformes fieri imaginis Fili sui,[12] cioè, quelli che Dio ha prescito, gli ha predestinati conformi alla imagine del suo Figliuolo, non solamente in fede morta, ma che nella imitazione della vita di Cristo siano conformi, il quale Figliuol di Dio dispregiò tutte le cose del mondo, per mostrarci la strada evangelica e la perfezione cristiana ove consiste; imperoché la fede viva, la quale opera per dilezione,[13] fa operazioni e non sta oziosa, e a guisa d’argento vivo sempre si muove, operando frutti di spirito e di viva fede, da li quali e per li quali frutti certamente si conosce un perfetto cristiano. Adunque non per esser battezzato e dotto, non per fede morta, né per cerimonie solamente si conosce il cristiano. Ma che dice il nostro Salvatore? A fructibus eorum cognoscetis eos:[14] da i frutti vivi della viva fede e del vivo spirito si conosce il vero cristiano; i quali frutti ti conforto, cristiano mio, con tutto il cuore che gli domandi a Dio con umil cuore, accioché tu sia felice in questa vita e in nell’altra.[15]

  1. Cioè: li dissero.
  2. Diogene di Sinope, filosofo greco della scuola cinica, discepolo di Antistene, nato a Sinope sul Ponte Busino e vissuto nel sec. IV a.C. La tradizione lo dipinge come negatore imperterrito d’ogni valore borghese e assertore di una vita povera, ma contorme a natura. Aveva per casa una botte e vagava per Atene con un bastone in mano, una bisaccia sulle spalle e una lanterna, accesa, come Ochino accenna in questa parte introduttiva della predica. Il sistema di vita cappuccina è stato confrontato con gli antichi filosofi stoici da p. Julien-Eymard d’Angers, in relazione, però, agli autori spirituali cappuccini francesi del sec. XVII. Cf. Raoul de Sceaux, Le père Julien-Eymard d’Angers (Charles Chesneau). Esquisse biographique el bibliographie, in CF 43 (1973) 353, 356s.
  3. Cf. Mt 7:16.
  4. Cf. Gal 5:22.
  5. Cf. Mt 23:3.
  6. Mt 7:21.
  7. Lc 18:11.
  8. Lc 17:10.
  9. Forma verbale antica per: siete.
  10. Ricorda il detto di san Francesco: “Grandi cose abbiamo promesso a Dio, ma cose maggiori Dio ha promesso a noi”. Cf. Cost. 1536, n. 150.
  11. Cf. Fil 3:8.
  12. Rm 8:29.
  13. Cf. Gal 5:6.
  14. Mt 7:16.
  15. È la formula conclusiva che solitamente Ochino usava nelle sue prediche.